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TELESCOPIO GIORNO/NOTTE dal paesaggio alle stelle68
TELESCOPIO GIORNO/NOTTE dal paesaggio alle stelle
Piero Bianucci
Lo “Swing View” della Tecnosky è un cannocchiale che viene incontro a chi desidera osservare sia la natura sia la volta celeste. Leggero, diagonale regolabile, oculare zoomIl bello del binocolo è che è uno strumento tuttofare: a parte i superbinocoli, che oltre 60-70 millimetri di obiettivo e con più di 15 ingrandimenti che sono progettati per uso astronomico e richiedono stativi robusti, qualsiasi binocolo “normale” si presta sia a guardare il paesaggio sia ad osservare il cielo notturno. Riguardo i telescopi, trovare uno strumento tuttofare davvero flessibile, che serva cioè sia da cannocchiale per osservazioni diurne di tipo naturalistico sia da telescopio per osservazioni astronomiche, il discorso diventa un po’ più complicato. Il tubo ottico deve essere il più possibile corto e leggero. L’obiettivo deve essere il più grande possibile compatibilmente con la leggerezza e la ridotta lunghezza del tubo. Lo strumento deve avere un attacco adatto a un semplice cavalletto fotografico. Le immagini non devono apparire capovolte e neppure rivoltate destra/sinistra come succede con i diagonali in uso sui telescopi. Il campo visivo deve essere ampio, anche perché non ci sarà il cercatore. Inoltre lo strumento dovrà offrire una sufficiente varietà di ingrandimenti con un solo oculare, condizione che porta necessariamente alla scelta dell’oculare zoom, il quale a sua volta impone compromessi quasi inevitabili per la qualità dell’immagine. Tante esigenze, come è facile capire, non sono facilmente conciliabili. Lo strumento che abbiamo provato – lo “Swing View TK sp80” – si avvicina notevolmente alla soluzione desiderata. Siamo nella categoria comunemente chiamata “spotting scope”.
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COSA C’ERA PRIMA DEL BIG BANG?70
COSA C’ERA PRIMA DEL BIG BANG?
Piero Galeotti
-Questa è, probabilmente, la domanda che proviene con maggior frequenza da chi ascolta una conferenza di cosmologia, ma è anche la domanda alla quale, fin dall’origine della nostra civiltà, molti filosofi o teologi hanno dedicato il loro pensiero per cercare una risposta. Anche se formulata in modo diverso, nella sostanza il quesito è sempre stato lo stesso: l’universo ha avuto un’origine? A questo interrogativo di solito ne seguiva un altro sull’eventuale fine del mondo. Nel corso dei secoli sono state date risposte diverse a queste domande. Nell’antichità gli atomisti ritenevano che l’universo fosse infinito ed eterno; Aristotele pensava invece che l’universo fosse finito ed eterno; le religioni ritengono che l’universo sia finito, che abbia avuto inizio con un atto di creazione e, in genere, che avrà una fine. La scienza moderna non si pone il problema dell’origine o della fine del mondo, ma si basa su modelli matematici e su osservazioni sperimentali; così, per esempio, i modelli cosmologici dedotti dalla teoria della relatività comportano che lo spazio sia finito e illimitato, che l’universo abbia avuto origine da una grande espansione iniziale e che sia eterno. Prima di rispondere a questa domanda, però, è meglio chiarire se c’è veramente stato il Big Bang, oppure se i modelli cosmologici possono spiegare l’universo attuale senza ricorrere ad una specie di esplosione iniziale.
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SCUOLA CHIAMA e spazio risponde!72
SCUOLA CHIAMA e spazio risponde!
Simona Rachetto
-Ognuno di noi in fondo al cuore è un po’ scienziato e ognuno di noi forse, guardando quel cielo scuro con tutti quei puntini luminosi, ha pensato almeno una volta che lassù ci fosse qualcuno a guardarci. Forse non è proprio ciò che immaginavamo, ma dal 2 novembre dell’anno 2000 occhi incuriositi ed emozionati ci osservano dall’alto: sono gli astronauti e i cosmonauti che vivono sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS – International Space Station). Bene: qui suggeriamo agli insegnanti e alle scolaresche di entrare in contatto diretto con questa meraviglia orbitante. Le stazioni spaziali costruite dall’uomo sono progettate e usate per studiare gli effetti a lungo termine dei voli nello spazio sul corpo umano, come anche per fornire le basi per studi scientifici che sarebbero impossibili su altri veicoli spaziali. Ma che cos’è questa ISS? È una “casa spaziale” grande quanto un campo da calcio realizzata con l’incastro di numerosi moduli (pezzi) di forma cilindrica e pannelli solari per immagazzinare l’energia, come se fosse una gigantesca costruzione fatta con i lego! Abitata continuativamente da un equipaggio che, dal 2000, è stato sostituito più volte, variando da due a sei astronauti o cosmonauti. Ma quanto sono in alto e come fanno a stare lassù senza cadere o allontanarsi nello spazio? La Stazione Spaziale gira intorno alla Terra percorrendo un’orbita (un percorso) a un’altezza da terra compresa fra i 278 chilometri e i 460 chilometri di altitudine.
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BLAZAR: ASSIONI nella manica...46
BLAZAR: ASSIONI nella manica...
Fabrizio Tavecchio
Spiegare l’astronomia dei raggi gamma può richiedere l’intervento di nuove particelle elementari. Quale sarà il ruolo degli ipotetici assioni o di particelle simili?Il più recente sviluppo della fisica ha visto l’interazione sempre più stretta tra lo studio delle particelle elementari e la ricerca volta alla comprensione degli oggetti cosmici (astrofisica e cosmologia). Da una parte, la presenza dominante di materia oscura nelle galassie e negli ammassi di galassie e l’evidenza di un’espansione cosmica accelerata – di solito attribuita a un’imprecisata energia oscura – spinge l’interesse dell’astrofisico e del cosmologo verso la fisica delle particelle elementari alla ricerca di possibili spiegazioni. D’altro lato, l’impossibilità di accedere a energie molto più elevate di quelle raggiunte dal Large Hadron Collider (LHC) del CERN, obbliga i fisici delle particelle a volgere gli occhi al cielo (letteralmente!). Vari oggetti cosmici, dai buchi neri alle stelle di neutroni, possono infatti accelerare particelle ad energie irraggiungibili sulla Terra; inoltre, solo durante le primissime fasi dell’evoluzione dell’universo si sono avute condizioni di temperatura tali da permettere quei processi che i fisici delle particelle elementari ipotizzano nella ricerca di una teoria unificata delle interazioni fondamentali.
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LA “PROCESSIONE” di meteore del 191352
LA “PROCESSIONE” di meteore del 1913
Don Olson e Steve Hutcheon
Un’indagine storica aggiunge importanti informazioni sulla più grande pioggia di bolidi che si ricordiLa sera del 9 febbraio 1913, esattamente cento anni fa, passò sopra il Canada la più straordinaria grandinata di bolidi che si ricordi. L’astronomo Clarence A. Chant (Università di Toronto) ha raccolto testimonianze oculari, soprattutto dall’Ontario, e ha riassunto le osservazioni locali del “Journal of the Royal Astronomical Society of Canada”: “Alle 9,05 circa locali ( EST, Eastern Standard Time) della sera in questione, improvvisamente apparve nella parte nord-occidentale del cielo un corpo rosso infuocato, seguito da una lunga scia… Si muoveva in avanti con un percorso perfettamente orizzontale… senza mostrare neanche prospetticamente una tendenza a scendere verso terra…. Semplicemente esso sparì con la distanza…Prima che lo stupore per questo primo bolide fosse svanito, altri corpi furono visti provenire da nord-ovest, muovendosi in avanti con la stessa velocità…e rilasciando dietro di sé code gassose. Per la maggior parte degli osservatori la caratteristica più rilevante del fenomeno fu il movimento lento e maestoso dei vari corpi, e il fatto che essi mantenessero un movimento in perfetta formazione.” Chant ottenne testimonianze anche dal Canada occidentale. A Mortlach e Pense nel Saskatchewan, centinaia di meteore furono viste spostarsi da ovest verso est alle 7 circa del pomeriggio locale. Forse la testimonianza più sorprendente reperita da Chant venne dalle Bermuda. Alle 22 locali W.R. Winter vide “due corpi anteriori principali” seguiti da circa 100 meteore minori in una ‘processione’ che si spostava quasi orizzontalmente nel cielo orientale delle Bermuda.
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L’ALLARME DI GIACCONI il Nobel dei raggi X56
L’ALLARME DI GIACCONI il Nobel dei raggi X
Piero Bianucci
“Conosciamo solo il 3 per cento dell’universo. L’astronomia X offre le migliori possibilità per scoprire il 97 per cento che ci sfugge. Ma il progetto Webb Space Telescope divora tutti i finanziamenti”Il 10 dicembre 2012 i fisici David Wineland e Serge Haroche hanno ritirato a Stoccolma il premio Nobel per le loro ricerche di meccanica quantistica che aprono la strada a computer ultraveloci. Purtroppo bisogna risalire a dieci anni fa per trovare un fisico italiano laureato con il Nobel. E’ Riccardo Giacconi. Ma mentre Wineland e Haroche si muovono nel microcosmo dell’atomo, il laboratorio di Giacconi è l’universo intero. E adesso Giacconi è preoccupato per il suo laboratorio: quasi tutti i finanziamenti americani per la ricerca spaziale vengono prosciugati dal progetto del “James Webb Space Telescope”, lo strumento che dovrà sostituire “Hubble Space Telescope” e, per l’astronomia in raggi X, che è la sua, non rimangono neppure le briciole. Giacconi aveva 31 anni ed era un cervello italiano in fuga negli Stati Uniti quando, accogliendo suggerimenti di Bruno Rossi, aprì una finestra sul cielo lontano e violento che tramite la radiazione ad alta energia – X e gamma – ci invia notizie di stelle esplose, buchi neri, galassie primordiali. Succedeva poco più di mezzo secolo fa e in occasione dell’anniversario Giacconi è venuto a Milano per celebrare l’evento in un convegno internazionale che ha riunito 200 astrofisici. Galileo inventò il telescopio ottico e scoprì stelle invisibili a occhio nudo, i satelliti di Giove, le montagne della Luna. Giacconi ha inventato un telescopio che non concentra la luce ma la radiazione X, quella usata per le radiografie, e come Galileo ha scoperto un cielo inedito.
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CAPODIMONTE Due secoli di luce58
CAPODIMONTE Due secoli di luce
Massimo Della Valle, Emilia Olostro Cirella, Mauro Gargano
Inaugurato nel 1812, l’edificio neoclassico con le sue cupole domina il golfo di Napoli dalla collina di Miradois. L’epoca d’oro della scoperta degli asteroidi. Decadenza e rinascita. Oggi ricerche all’avanguardiaMentre a Padova Galileo sperimentava il suo cannocchiale osservando i crateri della Luna, i satelliti di Giove e le macchie del Sole, a Napoli Francesco Fontana (1585- 1656) costruiva cannocchiali più potenti del “perspicillum galileano” con i quali tracciava mappe accurate del nostro satellite e disegni dei pianeti. Grandi uomini di scienza e appassionati osservatori del cielo non furono, però, in grado di convincere i governi del vicereame spagnolo e della dominazione austriaca a costruire a Napoli, che nel Settecento era la terza capitale d’Europa, una specola astronomica così come era avvenuto a Parigi, Londra, Bologna e poi a Pisa. Solo la visione rinnovatrice dello Stato imposta da re Carlo di Borbone (1716-1788) produsse grandi cambiamenti nella società napoletana e nelle istituzioni scientifiche e culturali del Regno. Nel 1735 l’Università di Federico istituì l’insegnamento di Astronomia e Nautica e il matematico Pietro di Martino (1707- 1746) ne fu il primo professore. Ebbe la cattedra e gli studenti, ma non gli strumenti per osservare. In quegli stessi anni anche nel collegio dei Gesuiti e in quello reale dei padri Scolopi, retto da Nicola Maria Carcani (1716-1767), si tenevano lezioni di astronomia e si costituirono piccoli osservatori dotandoli di discrete collezioni di strumenti, così come avevano fatto il principe Spinelli di Tarsia (1691- 1753) nel suo sontuoso palazzo e poi Lord Acton (1736-1811) che, primo in Italia, acquistò nel 1787 un telescopio di 7 piedi di focale dal laboratorio di William Herschel (1738-1822).
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L’UNIVERSO ESTREMO34
L’UNIVERSO ESTREMO
Bryan Gaensler
I record cosmici di velocità, di freddo e di stranezza al di là dell’immaginabileDa ogni punto di vista, l’universo va molto al di là delle nostre esperienze comuni. Ma nello stesso tempo è davvero notevole il fatto che noi riusciamo a misurarne alcune incredibili proprietà. Ancora più notevole è la nostra capacità di capire la natura della maggior parte di questi oggetti, come si sono formati e perché hanno le loro incredibili caratteristiche. Ma quali sono i casi estremi che il cosmo ci offre? Rotazione Le stelle di neutroni nascono in genere con velocità di rotazione di 30-50 giri al secondo. Il loro intenso campo magnetico fa rallentare la rotazione con l’andare del tempo. Milioni di anni dopo la sua nascita, una stella di neutroni può finire col ruotare 5-10 volte al secondo. E’ ancora una velocità enorme se paragonata a quella della maggior parte delle stelle e dei pianeti, ma è straordinariamente lenta per una stella di neutroni. Curiosamente, alcune stelle di neutroni possono invertire la loro graduale tendenza a rallentare la rotazione. Nonostante siano vecchie di centinaia di milioni di anni o anche di miliardi di anni, queste stelle riescono ad acquisire una velocità che supera quella posseduta in qualunque stadio della loro vita. Il record, in questo campo, è detenuto da una stella di neutroni del Sagittario, denominata PSR J1748- 2446ad, che attualmente compie 716 rotazioni al secondo. Poi, come altre stelle di questo tipo, comincerà lentamente a rallentare. È probabile che tra un miliardo di anni PSR J1748 ruoti ancora ad oltre 500 giri al secondo, ben più veloce di un frullatore da cucina.
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METEORITI un po’ troppo strane42
METEORITI un po’ troppo strane
Mario Di Martino
Due meteoriti provenienti da Marte mostrano al loro interno elevate tracce di acqua, mentre dentro una meteorite caduta in Sri Lanka sarebbero stati trovati dei fossili di diatomee. In quest’ultimo caso, i dubbi degli addetti ai lavori sono parecchiNell’ultimo anno e mezzo le meteoriti marziane sono salite agli onori delle cronache diverse volte, a cominciare dalla “Tissint”, vista cadere in Marocco nel luglio 2011, fino all’annuncio della scoperta di un’elevata abbondanza d’acqua in un’altra meteorite marziana trovata nello stesso anno nel Sahara marocchino. Ma le domande più frequenti che vengono poste al riguardo di queste meteoriti sono: come è possibile che dei pezzi di roccia possano arrivare da Marte? Come si fa a stabilire che provengono dal pianeta rosso? La risposta alla prima domanda è facile. Si tratta di frammenti della crosta marziana, più o meno profonda, scagliati nello spazio dall’impatto di un corpo cosmico (asteroide o cometa) di grandi dimensioni. La gravità su Marte è pari al 38% di quella terrestre e la velocità di fuga dal pianeta di 5 km/s, meno della metà di quella necessaria a sfuggire all’attrazione gravitazionale della Terra. È quindi relativamente facile che frammenti di roccia marziana vengano scagliati nello spazio interplanetario a causa di violenti impatti e che dopo aver vagato per tempi relativamente brevi (su scala astronomica) nel Sistema Solare interno entrino in collisione con la Terra. Stabilire la provenienza di queste rocce cosmiche, invece, è abbastanza complesso.