Dov’è e cos’è la materia oscura

Lezioni dal passato, proposte per il futuro

Nel 1961, poco dopo l’elezione di John F. Kennedy con una piccolissima maggioranza su Richard Nixon, l’America ricevette il secondo schiaffo spaziale dall’URSS, solo quattro anni dopo lo Sputnik: Yuri Gagarin nello spazio, in un’orbita vera intorno alla Terra. Il giovane presidente USA aveva avuto un pessimo rapporto con il padre, ricco e importante ambasciatore, ma tirannico nei confronti dei figli (maschi s’intende, gli unici che contassero all’epoca). Fu quindi per una somma di motivi storici e psicologici che JFK chiese ai suoi consiglieri: “In che cosa possiamo battere i russi?”. Se qualcuno, scherzando, avesse risposto “a scopone” oppure “alle bocce”, il programma Apollo non sarebbe mai esistito, come del resto non sarebbe mai esistito se avesse vinto Nixon, che detestava lo spazio. Se poi Kennedy non fosse stato così ansioso di dimostrare al padre (e al fratellino) che lui era davvero speciale, non avrebbe mai gettato una sfida così alta: un americano sulla Luna e ritorno, entro un decennio. Pura follia, con i computer ancora nell’età della pietra e con razzi ridicolmente poco potenti e pateticamente inaffidabili. Invece il programma riuscì, e una dozzina di giovanotti americani si ritrovarono a passeggiare sulla Luna, a guidare un fuoristrada lunare, a tirare palline da golf e altre amenità, ma anche a fare scienza, in qualche caso molto buona. Certo però non fu la scienza a giustificare il programma Apollo. Negli stessi anni, i russi portarono a Terra campioni di rocce lunari in modo automatico, ottenendo anche un brillante quanto poco pubblicizzato risultato tecnologico. Allora, almeno nel triennio 1969-72, prima di dovere fare i conti con i costi del Vietnam, l’Apollo fu un successo mediatico? La storia ha dimostrato che no, non lo fu.

La porta del cielo

È una sera di dicembre tranquilla e silenziosa all’Osservatorio di Las Campanas. Il Sole è tramontato e l’ombra del crepuscolo lentamente avvolge le montagne ondulate verso ovest. Entro breve si potrà ammirare tutto lo splendore del cielo meridionale. Mentre mi godo lo spettacolo posso facilmente immaginare l’entusiasmo dei primi astronomi europei e americani che vennero a perlustrare quest’area negli anni ’60, a cavallo, portando con sé piccoli telescopi per verificare le condizioni del seeing. Qui, nel nord del Cile, scovarono una miniera d’oro, trovando un cielo tra i più scuri, limpidi e stabili che esistano al mondo. Oggi Las Campanas può essere raggiunto in auto attraverso una strada sinuosa che corre un poco a est della Panamericana. Las Campanas prende il nome dallo strano fischio che la gente dice di udire nei giorni in cui tira vento, e la sommità della montagna è diventata un Osservatorio gestito da cinque istituzioni americane. Le eleganti cupole del telescopio di 1 m dedicato a Henrietta Swope e del telescopio di 2,5 m “Irénée du Pont” sono ancora immerse nelle luci rosate del tramonto e persino le due strutture metalliche che proteggono i telescopi “Magellan” di 6,5 m in questa luce addolciscono il loro aspetto grintoso. “Agli astronomi piace venire quassù”, dice il responsabile della conduzione Jorge Parra mentre mi accompagna al ristorante-chalet, dove a cena si beve del buon vino. L’ambiente rilassato fa sì che gli astronomi non chiudano mai a chiave le loro stanze spaziose e confortevoli; del resto, anche gli edifici dei telescopi sono sempre aperti a tutti, e tutti hanno voglia di parlare delle osservazioni in programma per la notte.

Stelle a parte

La fotografia digitale del cielo profondo è quasi sempre caratterizzata da un’estesa dinamica, dovuta all’elevata luminosità delle stelle di campo rispetto all’intrinseca debolezza degli oggetti nebulari, o dei bracci di spirale delle galassie. La qualità grafica di una buona immagine dipende dunque fortemente dalla gestione della dinamica, sia nelle fasi di ripresa che durante il processo di elaborazione. Un’immagine è normalmente costituita dalla somma di diverse pose di durata relativamente breve, con lo scopo di limitare la saturazione negli aloni stellari, mantenendo al contempo sufficientemente alta, rispetto alla soglia di rumore, la luminosità delle aree più deboli. Tuttavia, in molti casi la presenza di stelle particolarmente luminose impedisce di eseguire pose sufficientemente lunghe per rilevare le aree scarsamente luminose. Anche in queste situazioni è però possibile elaborare i soggetti galattici e nebulari senza alcun condizionamento dettato dalla presenza di stelle, semplicemente “staccando” le stelle dallo sfondo, oppure utilizzando lo stesso campo stellare ripreso a parte con pose brevi. Le stelle verranno elaborate con un processo più idoneo alle loro caratteristiche e poi innestate nuovamente sullo sfondo per ricomporre l’immagine completa. In questo articolo vedremo un esempio concreto di come si può operare con Photoshop. Si inizia con l’immagine già messa a punto mediante il software di acquisizione e calibrazione. È possibile lavorare indifferentemente su immagini già combinate in LRGB o su immagini distinte in due file, rispettivamente di luminanza e colore. Nel nostro esempio, utilizzeremo una semplice ripresa LRGB della galassia NGC 891, sfruttando alcune caratteristiche di Photoshop come la gestione di immagini multi-livello (layering), gli strumenti Timbro clone e Bacchetta magica, e i controlli di Curve e Livelli.

Montatura altazimutale Vixen Porta

Quante volte l’astrofilo si trova a dover rinunciare a una sessione osservativa per i lunghi tempi richiesti per predisporre telescopio, montatura equatoriale, cavi, cavetti, pulsantiera e accessori vari? Talvolta ci si rinuncia perché scoraggia il dover manovrare un lungo tubo nell’angusto spazio offerto da un terrazzo di pochi metri quadrati e attendere un’ora per l’ambientazione termica. Fortunatamente, però, esistono sul mercato, oltre ai binocoli, anche telescopi compatti che consentono in poco tempo di uscire all’aperto e operare. Per tali strumenti, c’è bisogno di una montatura semplice, leggera, che possa rimanere montata in casa, pronta all’uso. Proprio come la Vixen Porta, una piccola montatura altazimutale che ci pare l’ideale per osservazioni visuali “mordi e fuggi”. L’azienda giapponese propone questo supporto per l’acquisto singolo o con vari tubi ottici, in grado di soddisfare molteplici esigenze. La Vixen Porta è fornita di serie con un comodo treppiede, dotato di un rapido sistema di fissaggio del porta-accessori che consente, ad esempio, di chiudere le gambe di alluminio quel poco che basta per passare dalla porta di casa. Il peso è di 5,5 kg e il produttore ne dichiara una capacità di carico di poco inferiore: 5 kg. Naturalmente dipende anche dal tipo di telescopio installato: un rifrattore acromatico di 1000 mm di focale, ad esempio, sarà più instabile rispetto a un compatto catadriottico di 127 mm di diametro. La montatura s’installa in meno di un minuto. Unica accortezza, prima di iniziare le osservazioni, è di verificare l’altezza più adatta al proprio uso, giacché, grazie al treppiede regolabile, è possibile variarla fra 0,8 m e 1,2 m.