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L’Ariane: trent’anni di lanci “made in Europe”58
L’Ariane: trent’anni di lanci “made in Europe”
Antonio Lo Campo
L’ennesima ricorrenza importante per l’astronautica nel 2009 è quella dei 30 anni trascorsi dal lancio dell’Ariane, il primo lanciatore europeoEra la vigilia di Natale del 1979. Il poligono di lancio quello di Kourou nella Guyana Francese, quella striscia di America Latina che sta a nord del Brasile e che sarebbe diventata la “Cape Canaveral dell’Europa”. Era giorno e il cielo era terso, e al centro di controllo, a pochi km dalla piattaforma di lancio del poligono, e anche tra gli spettatori presenti, la tensione era davvero salita “alle stelle”, in attesa che tra le stelle vi potesse andare il primo Ariane 1, il lanciatore tutto europeo che si apprestava a fare dell’Europa un continente autonomo nel campo dei lanci spaziali. Erano presenti centinaia tra tecnici e ingegneri che lavorando per anni avevano fatto del Programma Ariane lo scopo della loro vita; in pratica si stava per aprire un’era importante non solo per l’Europa, ma più in generale per l’astronautica mondiale. Il Programma Ariane prendeva il nome dal progetto promosso nell’autunno del 1973 dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con lo scopo di realizzare una serie di lanciatori in grado di lanciare satelliti per svariati utilizzi, sonde interplanetarie e, nelle versioni più potenti, anche navette e moduli orbitanti. Il nome del progetto richiamava Arianna, il personaggio del mito greco di Teseo e del Minotauro.
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Una notte davvero speciale sotto il cielo del Nevada50
Una notte davvero speciale sotto il cielo del Nevada
Luigi Fontana
L’autore ha avuto occasione di osservare e fotografare da uno dei cieli più belli del mondo, dal deserto del Nevada. Ecco il resoconto (semiserio) di una notte davvero particolareL’astronomia è il mio principale interesse da quasi trent’anni, ma solo dal 2003, quando mi capitò di occuparmi per la prima volta della scala di Bortle (vedi box a pag. 53), mi sono posto il problema di quanto sia veramente scuro il cielo sotto il quale mi capita di osservare durante le mie “uscite” astronomiche. Ero certo di aver visto cieli belli, forse anche molto belli, ma un cielo davvero perfetto l’avevo mai visto? Avevo avuto occasione di osservare dalla cabina di pilotaggio di un aereo in volo sull’Atlantico, e anche dal deserto dell’Arizona, ma in entrambi i casi per poco tempo e senza la possibilità di fare delle misure. Il desiderio di vedere un cielo la cui perfezione fosse in qualche modo “garantita”, quindi, restava. Per un astrofi lo, chiedersi se “ha mai visto il cielo” è questione tutt’altro che aleatoria. Lo studio sull’inquinamento luminoso, condotto con immagini satellitari e sofi sticati modelli matematici, non lascia scampo. Da nessun posto – ripeto, nessuno – in tutta Italia, e nella quasi totalità dell’Europa, si può più godere di un cielo incontaminato. E chi sostiene il contrario, normalmente citando remoti paesini di nonni o zii, semplicemente non è informato a sufficienza.
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Le nuove “zone abitabili”44
Le nuove “zone abitabili”
Chris Impey
I microbi sarebbero in grado di prosperare su altri mondi praticamente in ogni sorta di luogo “impossibile” per la vita. E le creature più grandi?Quasi tutto l’Universo è estremamente freddo, buio e inospitale, così freddo che l’aria gelerebbe nelle profondità dello spazio. La maggior parte di ciò che rimane, invece, è così calda che farebbe bollire il metallo. Alcuni luoghi sono di una violenza inimmaginabile; in altri non accade mai nulla. Insomma, per gli esseri viventi non c’è miglior posto che casa propria. Defi nire una zona del cosmo come “abitabile” sembra facile: non deve essere né troppo calda né troppo fredda, ma “giusta”. Perciò i luoghi adatti alla vita, tradizionalmente, staranno in un piccolo intervallo di distanze da una stella, dove sulla superfi cie di un pianeta di tipo terrestre può esistere acqua allo stato liquido. Il comune buon senso ci dice inoltre che il pianeta deve avere un’atmosfera che non sia né troppo densa né troppo rarefatta. Se troppo densa, l’atmosfera originerebbe una pressione al suolo che risulterebbe schiacciante, oltre a un probabile effetto serra brutale; se troppo sottile, ce ne sarebbe troppo poca per essere respirata, o per schermare dai danni provocati dalle radiazioni ultraviolette e dai raggi cosmici.
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I campi magnetici degli ammassi di galassie38
I campi magnetici degli ammassi di galassie
Annalisa Bonafede
Il ruolo dei campi magnetici negli ammassi di galassie è stato spesso sottostimato perché solitamente molto debole. È venuto il momento di riconsiderare la situazione per spiegare l’emissione degli ammassi nel dominio delle onde radioForza gravitazionale, forza elettro-magnetica, forza nucleare e forza debole. È questo il paradigma delle quattro forze fondamentali. È dalle leggi fi siche che da esse discendono che tutto l’Universo dovrebbe trovare una spiegazione. Facciamo esperienza quotidiana della forza gravitazionale e di quella elettrica, ogni volta che ci muoviamo o che accendiamo la luce, e ci basta una bussola o un magnete per renderci conto che un campo magnetico esiste anche sulla nostra Terra. L’unità di misura del campo magnetico nel sistema internazionale è il Tesla. È di uso comune però in astronomia e in molti altri settori della fi sica un suo sottomultiplo, il gauss, pari a un decimillesimo di Tesla. I campi magnetici permeano l’Universo su tutte le scale: il nostro pianeta, per esempio, ha un campo medio di poco inferiore a 1 gauss (1 G), più intenso ai poli e meno all’equatore. Il campo magnetico terrestre è assai irregolare, in alcune zone arriva a superare i 3 gauss mentre in altre si scende al di sotto del quarto di gauss.
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Le catastrofi potenziali32
Le catastrofi potenziali
Robert Naeye
Impatti di asteroidi, supervulcani e mega-tsunami, inversioni del campo magnetico e pandemie rappresentano delle minacce per il futuro dell’umanità intera, ma non è il caso di perdere il sonno per la preoccupazioneDa un po’ di tempo, complice lo stato di insicurezza globale su cui ha inciso potentemente la crisi economica mondiale di questi ultimi anni, si sta diffondendo, notevolmente amplifi cato dal megafono dei media, l’allarme su un’imminente minaccia globale che potrebbe distruggere la Terra o almeno cambiare radicalmente la vita dell’umanità nell’immediato futuro. Addirittura c’è chi, partendo da considerazioni sul termine dell’antico calendario Maya, fi ssa tale evento con precisione nel tempo: il grande sconvolgimento dovrebbe avvenire puntualmente – o avere la sua manifestazione iniziale o parossistica – nel dicembre dell’anno 2012, fra tre anni esatti. Tali “previsioni” inquietanti non hanno però nulla di scientifi co e a questo proposito, fra l’altro, va detto che gli astronomi Maya non hanno mai predetto la fi ne del mondo per il 21 dicembre 2012 ma soltanto il termine di una delle ere – chiamata Baktun 13 – del loro calendario, che era basato su multipli del numero 20.
Le Stelle nr. 79 Dicembre 2009
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