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Ragazze sul ponte38
Ragazze sul ponte
D. W. Olson, B. Robertson, R. L. Doescher
Riflessioni su un mancato riflesso in un’opera di Edvard Munch. L’astro giallo sopra l’ultima casa a sinistra è il Sole o la Luna? E perché non si riverbera nel tranquillo fiordo norvegese?L’artista norvegese Edvard Munch (1863- 1944) è oggi noto soprattutto per L’urlo, in assoluto la sua opera più famosa, ove è rappresentata una tormentata figura umana, sgomenta sotto un cielo rosso-sangue, che qualcuno di recente ha interpretato come la raffigurazione di un crepuscolo arrossato dalle polveri in sospensione sollevate dalla catastrofica eruzione del vulcano Krakatoa (Indonesia, agosto 1883). Tuttavia, quando Munch era in vita, il suo dipinto più apprezzato era un paesaggio che ispirava armonia e tranquillità, realizzato ad Åsgårdstrand, una località frequentata soprattutto nelle vacanze estive che si trova sulla sponda occidentale del fiordo di Oslo. Jens Thiis, già direttore della Galleria Nazionale di Oslo, scriveva nel 1933: “Il maggior capolavoro di Munch, e anche il più famoso, è Ragazze sul ponte”. Nel corso degli anni, Munch dipinse una ventina di versioni di questa scena, affidandole a dipinti, litografie, incisioni su legno e metallo. Ragazze sul ponte ha mantenuto alta la sua popolarità fino ai giorni nostri: tra l’altro, l’immagine appare sulle copertine di guide locali dedicate alla regione dell’Oslofjord, nonché sulla pagina Internet contenente il catalogo completo delle opere di Munch (www.munchraisonne. com). Questo dipinto pone un interrogativo particolare agli astronomi, legato al disco giallo presente in cielo.
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Svelare le strutture della corona44
Svelare le strutture della corona
Maurice Hamilton
Un esperto cacciatore di eclissi ci spiega come si possono combinare con Adobe Photoshop immagini prese con esposizioni differenti per visualizzare meglio i tenui pennacchi coronali.Mentre l’eclisse totale di Sole dello scorso marzo è ormai archiviata nei libri di storia e nella memoria di chi l’ha potuta osservare, molti cacciatori di eclissi si troveranno ora di fronte al gravoso compito di assemblare le loro fotografie in qualcosa che assomigli all’impressione visuale dell’evento, a ciò che l’occhio ci mostrava. Questo può rivelarsi uno sforzo impegnativo, dal momento che le pellicole e le immagini digitali hanno un range dinamico*1 limitato rispetto all’occhio umano, e quindi per raggiungere lo scopo sono necessarie tecniche di elaborazione delle immagini assai ingegnose. Di modi per combinare fotografie di eclissi ce ne sono molti e diversi: io baso la mia tecnica su una procedura sviluppata da Russel Brown, di Adobe. Essa espande l’effettivo range dinamico di un’immagine combinando una serie di fotografie mediante Adobe Photoshop, utilizzando le maschere dei livelli. Sebbene Brown utilizzasse immagini scannerizzate da pellicola, ogni macchina digitale che possegga un controllo manuale dell’esposizione può essere utilizzata con risultati analoghi. Per l’eclisse totale di Sole del
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La distanza della Stella di Teegarden54
La distanza della Stella di Teegarden
Tom Stafford
Ormai anche la misura della parallasse e quella del moto proprio di una stella sono alla portata di un astrofilo determinato. Il caso di una stella ritenuta fino a pochi anni fa la terza in ordine di distanza dal Sole.L a Stella di Teegarden è un astro poco cospicuo, ma a suo modo affascinante, una nana rossa di magnitudine 15 scoperta nel 2002 da Bonnard J. Teegarden (NASA/Goddard Space Flight Center) e colleghi in immagini di una rassegna celeste piuttosto profonda. La stella, che si sposta nell’Ariete con un moto proprio di circa 4"/anno, ha una parallasse che le misure iniziali avevano fissato in 0",41 ± 0",09: ciò la collocherebbe a una distanza di 7-10 anni luce, rendendola una delle stelle più vicine al Sole dopo il sistema di alfa Centauri e la Stella di Barnard. Di fatto, questa stella è così vicina che forse la sua parallasse avrebbe potuto essere rilevata persino con strumenti amatoriali: questa l’idea e la sfida che Roger Sinnott lanciò agli astrofili due anni fa, dalle pagine di Sky & Telescope: “Sarebbe molto gratificante scoprire che le nostre misure concordano, almeno grossolanamente, con quelle pubblicate dagli astronomi professionisti”, scriveva allora. Il progetto mi parve subito interessante, benché forse troppo ambizioso. Avevo già esperienza di misure astrometriche CCD di posizioni asteroidali, ma qui si richiedeva di aumentare la precisione di un ordine di grandezza. Di norma, nelle misure di posizione di asteroidi l’incertezza delle mie determinazioni è di circa 0",5. La variazione di posizione di una stella nel corso di un anno dovuta alla parallasse viene definita assumendo come base il raggio dell’orbita terrestre, non il diametro, cosicché, nel caso della Stella di Teegarden, l’ampiezza dell’oscillazione totale è di circa 0",8. Ovviamente, ciò avrebbe messo a dura prova il mio equipaggiamento strumentale.
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SBIG DSS7 astrofisica per amatori58
SBIG DSS7 astrofisica per amatori
Flavio Castellani
Con questo strumento l’astrofilo può muovere i primi passi in un campo, quello della spettroscopia, tradizionalmente assegnato ai professionisti. Anche con notevoli soddisfazioni.Definire affascinante un grafico può sembrare strano, ma non per chi ha provato a fare spettroscopia. L’osservazione visuale del cielo e l’astrofotografia danno appagamento all’appassionato, ma volete mettere l’incanto della spettroscopia? Una stella si rivela per ciò che è; il punto di luce diventa un corpo fisico che può essere analizzato per ricavarne la temperatura, la composizione chimica e altro ancora. Molti oggetti rivelano una forte velocità radiale attraverso il loro blueshift o redshift. Se la fisica che sta dietro questi fenomeni spesso va oltre le capacità dell’astrofilo, è anche vero che molti programmi disponibili sul web permettono di lavorare sugli spettri partendo da poche cognizioni di base. Insomma, trovarsi faccia a faccia con le righe di emissione di una nebulosa, con l’inconfondibile firma della serie di Balmer su una stella o con lo sdoppiamento delle righe di una binaria ha un sapore tutto particolare. Sino a qualche anno or sono la spettroscopia veniva ignorata dagli astrofili per la difficoltà di accumulare un segnale sufficientemente forte, con i piccoli telescopi amatoriali. L’avvento del CCD ha però permesso di disporre di uno strumento molto sensibile, in grado di abbattere considerevolmente i tempi di acquisizione di uno spettro. Nonostante ciò, sino ad oggi erano pochi i dispositivi disponibili sul mercato amatoriale, spesso costosi e non di rado inadatti ai piccoli strumenti degli astrofili. In effetti, negli ultimi dieci anni, gli amatori che si sono cimentati in questa materia lo hanno fatto quasi sempre con strumenti autocostruiti, o riadattando spettroscopi nati per altre finalità. Proprio per supplire a questa mancanza la SBIG ha proposto recentemente il DSS7 (Deep Space Spectrograph), uno spettroscopio a bassa dispersione, la cui struttura leggera e compatta ne fa un dispositivo adatto ad essere ospitato da telescopi amatoriali, senza comprometterne il bilanciamento e il corretto inseguimento.
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Un hotel a molte stelle72
Un hotel a molte stelle
Giovanni Dal Lago
Un elegante albergo tra le Dolomiti del Brenta pensato per venire incontro alle esigenze dell’ospite astrofilo: una terrazza con riparo degli strumenti, una cupola, un grande salone per convegni.Sono già passati dieci anni dal mio primo incontro con Matteo Maturi, all’epoca un ragazzo genuinamente appassionato di astronomia. L’occasione fu la settimana astronomica che
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Star televisive50
Star televisive
Giancarlo Cortini
La ricerca di supernovae può essere agevolmente condotta anche con telecamere ultrasensibili: il caso della SN 2004gq in NGC 1832.La ricerca amatoriale di supernovae (SN), a differenza di altre tipologie di ricerca (comete, novae galattiche), che si avvalgono ancora del metodo visuale e/o fotografico a grande campo, si è notevolmente evoluta nel volgere degli ultimi dieci anni, grazie alla sempre maggiore disponibilità di rivelatori allo stato solido dotati di sensori sufficientemente grandi. Sono così tramontati definitivamente i tempi romantici della ricerca alla Bob Evans, con l’occhio all’oculare grandangolare di un semplice riflettore newtoniano, meglio se di generose dimensioni, sotto cieli scuri, con cartine alla mano e tanto, tanto entusiasmo. Anche un irriducibile visualista, come chi scrive, è stato costretto, dopo gli anni ’90, a scendere a compromessi con l’imaging digitale, soprattutto dovendo fare i conti con il forte inquinamento luminoso che affligge ormai anche i siti più elevati e distanti dalle città, e per l’indiscutibile superiorità in efficienza dei rivelatori elettronici. A questo punto, però, per l’astrofilo si può porre il dilemma di quale tipo di CCD commerciale acquistare e a quale tipo di strumentazione accoppiarlo in maniera proficua: il mercato è molto vasto e, soprattutto per chi si avvicina alla ricerca di oggetti peculiari come le supernovae, non è detto che l’acquisto di un CCD sia la scelta ottimale, vuoi perché il loro uso non è dei più immediati, vuoi perché i prezzi non sono ancora esattamente per tutte le tasche. Fortunatamente, sul mercato esistono altri tipi di rivelatori digitali che, sebbene concepiti per un uso non astronomico, a conti fatti si stanno rivelando, sul campo, strumenti molto interessanti: sono le telecamere ultrasensibili per sorveglianza notturna. Commercializzate con i più disparati marchi (Mintron, Sony, Watec, Astrovid), generalmente di chiara provenienza dall’Impero del Sol Levante, tali dispositivi hanno goduto finora di scarsa considerazione. Un uso appropriato di queste telecamere nella ricerca di supernovae poteva invece fare al caso mio: non avendo mai avuto un rapporto amichevole con i computer, il poter disporre di un rivelatore digitale semplice da usare e non troppo costoso mi sembrava una bella occasione per compiere un passo avanti rispetto alla tradizionale ricerca visuale.
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Megastelle30
Megastelle
Marcello Felli e Geoff Macdonald
Gli astri massicci sono responsabili dell’evoluzione chimica dell’Universo, ma gli astronomi ancora non sanno come si formano.Le stelle rappresentano i mattoni costitutivi delle galassie, così come le galassie sono i mattoni dell’Universo: uno dei problemi di base dell’astrofisica è la comprensione in ogni minimo dettaglio della vita delle stelle, dalla culla alla tomba. Durante il XX secolo sono stati fatti progressi enormi in questa direzione. L’aver scoperto che le stelle derivano la loro prodigiosa sorgente di energia dalla fusione dell’idrogeno ha aperto la strada alla comprensione della loro struttura e della loro evoluzione. Come nascono le stelle? Si formano ancora ai nostri giorni? E, in caso affermativo, dove? Come si formarono agli inizi dell’Universo? Cosa determina la loro massa? C’è un limite superiore alla massa stellare e perché? Fino a pochi decenni fa la nascita e le prime fasi evolutive erano eventi totalmente circondati di mistero, perché le stelle si formano nelle parti più interne e dense di nubi di polveri e gas che ne oscurano completamente la visione nel momento più cruciale della loro genesi. Gli astronomi hanno però oggi a disposizione un’ampia gamma di nuovi strumenti che rivelano e analizzano le emissioni anche al di fuori dello spettro visibile. A lunghezze d’onda più lunghe di quelle della luce, dall’infrarosso alle onde millimetriche e centimetriche, dove l’assorbimento da parte delle polveri è trascurabile, siamo ora capaci di rivelare la radiazione che proviene dalle parti più interne e tenebrose di una nube e di studiare il processo della formazione stellare ben prima che l’astro, già “adolescente”, sia emerso dalla nube genitrice.
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