Astronews a cura di Massimiliano Razzano
Fino al 13/11/2017 a cura di Piero Bianucci, fino al 20/01/2018 a cura di Luigi Bignami
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29/08/2018 - Quanto pesa un pianeta neonato?
Quanto pesa un pianeta neonato?
Proprio come si fa per i neonati, è importante conoscere il peso dei giovani pianeti. Non è un’operazione semplice, ma grazie alle missioni dedicate alle misure astrometriche di precisione possiamo misurare la massa dei pianeti, anche di quelli molto giovani. Ed è in questo modo che Ignas Snellen e Anthony Brown dell’Università di Leida, nei Paesi Bassi, sono riusciti a misurare la massa di Beta Pictoris b, il pianeta intorno alla stella Beta Pictoris, a circa 64 anni luce da noi. Per questa delicata misura hanno utilizzato le osservazioni raccolte dal satellite Gaia e rese pubbliche ad aprile, e le hanno combinate con i dati di Hipparcos, attivo fra il 1990 e il 1993. Unendo osservazioni che coprono l’arco di quasi 25 anni, i due astronomi hanno identificato i piccolissimi movimenti della stella causati dall’interazione gravitazionale con il pianeta. Lo studio, pubblicato su Nature, mostra come sia possibile ottenere una stima di massa dei pianeti giovani con tecniche astrometriche.
“La stella si muove per diversi motivi” ha commentato Snellen “Gira intorno al centro della Via Lattea, proprio come fa il Sole. Questo appare dalla Terra come un movimento lineare proiettato nel cielo, che chiamiamo moto proprio” Vi sono poi altri effetti come la parallasse, e quello che resta sono le piccole oscillazioni causate dalla presenza del pianeta. Dalle misure raccolte il giovane pianeta, che ha solo 20 milioni di anni, appare come una gigante gassoso circa 10 volte più pesante di Giove. Naturalmente per poter ripetere la stessa misura su altri pianeti sarà necessario raccogliere dati su molte nuove stelle, uno degli obbiettivi scientifici principali di Gaia.
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24/08/2018 - RISERVATO AI LETTORI DI NUOVO ORIONE E LE STELLE
RISERVATO AI LETTORI DI NUOVO ORIONE E LE STELLE
Biglietto valido per un ingresso a prezzo ridotto a Volandia - Parco e Museo del Volo (8,00 € invece di 11,00 €) valido nei giorni 1 e 2 settembre in occasione dell'Astronomical Science&Technology Expo.
E' valido per un ingresso giornaliero di un adulto, ma può essere stampato in un numero di copie illimitato... -
22/08/2018 - Un asteroide per Aretha Franklin
Un asteroide per Aretha Franklin
Si chiama 24951 Aretha. Proprio come Aretha Franklin, la regina del soul scomparsa lo scorso 16 agosto nella sua casa di Detroit. E la NASA ha voluto omaggiare la grande cantante con un asteroide che orbita fra Marte e Giove. L’agenzia spaziale americana lo ha reso noto anche con un tweet dedicato a Aretha Franklin, in cui si vede l’orbita del nuovo asteroide. Franklin, nata il 25 marzo 1942 a Memphis, è considerata una delle principali cantanti americane del Novecento, e il suo successo le ha valso negli anni Sessanta il soprannome proprio di “regina del soul”.
“Siamo rattristati dalla perdita di Aretha Franklin”, recita il tweet della NASA “L’asteroide 249516 Aretha, scoperto dalla nostra missione NeoWise e intitolato alla regina del Soul per commemorarla continuerà a orbitare oltre Marte». L’asteroide, scoperto dalla missione NEOWISE il 15 febbraio 2010 ha un diametro di quattro chilometri. Sul sito del Jet Propulsion Laboratory della NASA, si legge che l’agenzia ha dedicato l’asteroide alla Franklin, “conosciuta come Regina del Soul, che ha vinto 17 Grammy Awards, ha registrato indimenticabili hit come ‘Respect’, ‘Chain of Fools’ e ‘Think’ ed è stata insignita nel 2005 della Medaglia presidenziale della libertà.
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19/08/2018 - ECCO RCW 38 IN TUTTO IL SUO SPLENDORE
ECCO RCW 38 IN TUTTO IL SUO SPLENDORE
Questa immagine, ottenuta con lo strumento per immagini infrarosse Hawk-I montato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, mostra l’ammasso stellare RCW 38 (Figura). Osservando a lunghezze d’onda infrarosse, Hawk-I può esaminare ammassi stellari avvolti nella polvere come RCW 38, fornendo una vista ineguagliabile della formazione stellare che avviene al loro interno. RCW 38 contiene centinaia di stelle giovani, calde e massicce e si trova a circa 5500 anni luce dalla Terra, nella costellazione australe delle Vele.
La zona centrale di RCW 38 è visibile come una regione brillante e bluastra, un’area popolata da numerose stelle molto giovani e da protostelle ancora nel processo di formazione. L’intensa radiazione che si riversa da queste stelle appena nate fa brillare il gas circostante, in netto contrasto con i rivoli di polvere cosmica, più fredda, che si snodano nella zona, dolcemente illuminati di tinte più cupe di rosso e arancio. Il contrasto crea la scena spettacolare che sembra un’opera d’arte.
Le immagini ottiche di questa regione appaiono quasi senza stelle, a causa della polvere e del gas che ne bloccano la vista. Le osservazioni nell’infrarosso, invece, ci permettono di penetrare lo schermo di polvere e di scavare nel cuore di questo ammasso stellare.
Hawk-I, installato sul telescopio UT4 (Yepun) del VLT, ha molti compiti scientifici, tra cui la produzione di immagini di galassie vicine o di grandi nebulose, ma anche di stelle singole e di esopianeti. È supportato da Graal, un modulo di ottica adattiva che utilizza quattro fasci laser proiettati nel cielo per generare stelle di riferimento artificiali, grazie alle quali si correggono gli effetti della turbolenza atmosferica, per ottenere immagini più nitide (Fonte: Media-INAF)
Piero Stroppa
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19/08/2018 - LA SORELLA SMARRITA DELLA VIA LATTEA
LA SORELLA SMARRITA DELLA VIA LATTEA
Non sapevamo nemmeno che esistesse, eppure i suoi resti erano lì, sotto i nostri occhi. Parliamo di un’enorme galassia sorella della nostra, che si trovava nel nostro “quartiere galattico”. Richard D’Souza e Eric Bell, rispettivamente ricercatore e professore di astronomia dell’Università del Michigan, hanno scoperto che la Galassia di Andromeda M31, il nostro dirimpettaio galattico più vicino, ha distrutto e cannibalizzato una galassia massiccia 2 miliardi di anni fa.
Numerose le prove dell’avvenuto banchetto, ma non era una pista facile da individuare: un alone quasi invisibile di stelle più grande della stessa galassia di Andromeda, un elusivo flusso stellare e un’enigmatica galassia compatta separata, la M32 (Figura).
I ricercatori sono stati in grado di mettere insieme questi indizi utilizzando modelli e simulazioni al computer tali da permettere di capire che, sebbene molte delle galassie compagne siano state consumate da Andromeda, la maggior parte delle stelle nel debole alone esterno di M31 sono i resti di un’unica grande galassia. L’antica galassia smarrita, chiamata M32p, era il terzo membro per dimensioni del Gruppo Locale, dopo M31 e la Via Lattea.
Sappiamo che gli aloni stellari che circondano le galassie contengono i resti di compagne più piccole, inglobate durante le fusioni tra galassie. Ci si aspettava che una galassia come M31 avesse consumato centinaia di pasti simili nella sua storia, rendendo difficile conoscere le piccole compagne originali. “Ma è stato scioccante rendersi conto che la Via Lattea aveva una grande sorella e non l’avevamo mai saputo”, dice Eric Bell.
Studiare questo processo aiuterà gli astronomi a capire come le galassie a disco si evolvono e sopravvivono alle grandi fusioni. Il disco della galassia di Andromeda è sopravvissuto a un impatto con una galassia massiccia; ciò mette in dubbio l’idea che tali interazioni distruggano i dischi e portino alla formazione di galassie ellittiche.
La tempistica della fusione potrebbe anche giustificare l’ispessimento del disco della galassia di Andromeda e spiegare un momento di intensa formazione stellare verificatosi 2 miliardi di anni fa. Questo lavoro potrebbe anche risolvere il mistero dell’enigmatica galassia satellite di Andromeda, M32. Secondo i ricercatori, sarebbe il centro superstite della sorella perduta, indistruttibile come il nocciolo di una prugna. “M32 è un tipo strano. Anche se sembra un esempio compatto di vecchia galassia ellittica, in realtà ha molte stelle giovani. È una delle galassie più compatte dell’Universo”, conclude Bell (Fonte: Media-INAF).
Piero Stroppa
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19/08/2018 - IL VERY LARGE TELESCOPE SI È RIFATTO LE LENTI
IL VERY LARGE TELESCOPE SI È RIFATTO LE LENTI
Il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO ha recentemente visto la “prima luce” con una nuova modalità di ottica adattiva chiamata tomografia laser e con questa ha ottenuto delle immagini di prova straordinariamente nitide del pianeta Nettuno (Figura), di alcuni ammassi di stelle e di altri oggetti.
Il pionieristico strumento MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) usato nella modalità a campo stretto (Narrow Field Mode), con il modulo di ottica adattiva Galacsi, può ora sfruttare questa nuova tecnica per correggere gli effetti della turbolenza a diverse altitudini nell’atmosfera. È possibile catturare, a lunghezze d’onda visibili, immagini da terra più nitide di quelle del telescopio spaziale Hubble.
La modalità di Muse a campo largo (Wide Field Mode) accoppiata con Galacsi in modalità “strato-al-suolo” (ground-layer ) corregge gli effetti introdotti dalla turbolenza atmosferica fino a 1000 m sopra il telescopio per un campo di vista relativamente ampio. La nuova modalità a campo stretto, che usa la tomografia laser, corregge quasi tutta la turbolenza atmosferica sopra il telescopio per creare immagini molto più nitide, ma su una zona più piccola di cielo.
Sfruttando questa nuova tecnica, il telescopio da 8 metri raggiunge il limite teorico della risoluzione delle immagini e non è più limitato dalla sfocatura dell’atmosfera. Ciò permetterà agli astronomi di studiare con un dettaglio mai raggiunto prima oggetti affascinanti come i buchi neri supermassicci al centro delle galassie, i getti delle giovani stelle, gli ammassi globulari, le supernove, i pianeti e i loro satelliti nel Sistema Solare e molto altro ancora.
L’ottica adattiva è una tecnica che serve per compensare l’effetto di sfocatura dovuto all’atmosfera terrestre (il seeing), un problema rilevante per tutti i telescopi a terra. La stessa turbolenza dell’atmosfera che fa scintillare le stelle quando le si guarda a occhio nudo produce immagini un po’ sfocate dell’universo, soprattutto con i telescopi più grandi. La luce delle stelle e delle galassie viene distorta passando attraverso gli strati della nostra atmosfera, che ci protegge, e gli astronomi devono usare delle tecniche ingegnose per migliorare artificialmente la qualità dell’immagine.
Per raggiungere questo scopo, sono stati installati quattro laser molto luminosi sull’UT4: proiettano nel cielo colonne di luce intensa di colore arancione, di circa 30 cm di diametro, per stimolare gli atomi di sodio che si trovano in uno strato nell’alta atmosfera in modo da creare stelle guida artificiali. I sistemi di ottica adattiva usano la luce di queste “stelle” per determinare la turbolenza dell’atmosfera e calcolare le correzioni necessarie circa mille volte al secondo, e di conseguenza inviano istruzioni allo specchio secondario del telescopio, sottile e deformabile, per modificarne costantemente la forma in modo da correggere le distorsioni nella luce che arriva.
MUSE si affianca così al sistema di ottica adattiva Graal, già in funzione con la camera infrarossa Hawk-I. Tra qualche anno arriverà il nuovo sistema Eris ancora più potente. Questi strumenti producono passi avanti per la progettazione delle tecnologie di ottica adattiva che dovranno essere installate sul gigantesco telescopio da 39 m dell’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, in costruzione sul Cerro Armazones (Fonte: Media-INAF)
Piero Stroppa
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19/08/2018 - ECCO LA PRIMA IMMAGINE DI UN BABY PIANETA
ECCO LA PRIMA IMMAGINE DI UN BABY PIANETA
Alcuni astronomi, con a capo un gruppo del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg (Germania), hanno catturato un’istantanea spettacolare di formazione planetaria intorno alla giovane stella nana PDS 70. Usando lo strumento Sphere installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, l’equipe internazionale ha realizzato la prima rilevazione di un giovane pianeta, chiamato PDS 70b, che sta tracciando un’orbita nel materiale da cui si formano i pianeti, intorno alla giovane stella.
Sphere ha anche permesso di misurare la luminosità del pianeta a diverse lunghezze d’onda, in modo da poterne derivare alcune proprietà dell’atmosfera. Il pianeta si distingue chiaramente nelle nuove osservazioni, visibile come un punto brillante alla destra del centro oscurato dell’immagine (Figura). Si trova a circa 3 miliardi di km dalla stella centrale, circa la distanza tra Urano e il Sole. PDS 70b è un gigante gassoso con una massa pari ad alcune volte quella di Giove e temperature dell’ordine di 1000 °C.
La regione scura al centro dell’immagine è dovuta a un coronografo, una maschera che blocca la luce della stella centrale e permette così di rilevare il disco, molto più debole, e i compagni planetari.
La scoperta del giovane compagno di PDS 70 è un risultato scientifico entusiasmante che ha già motivato nuovi approfondimenti. Un secondo gruppo, che include molti degli astronomi del gruppo che ha realizzato la scoperta, ha continuato le osservazioni iniziali in maggior dettaglio, riuscendo a ottenere uno spettro del pianeta, dalla cui analisi risulta la presenza di nubi nell’atmosfera di PDS 70b.
Determinando le proprietà fisiche e atmosferiche del pianeta, gli astronomi possono verificare i modelli teorici della formazione dei pianeti: osservare un sistema planetario in formazione è come compiere un viaggio a ritroso nel tempo di 4,5 miliardi di anni, fin all’epoca in cui si è formato il Sistema Solare (Fonte: Media-INAF)
Piero Stroppa
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17/08/2018 - Da Hubble un nuovo super panorama dell’Universo
Da Hubble un nuovo super panorama dell’Universo
Un mare di 15 mila galassie, gran parte delle quali sta formando nuove stelle. Così appare la nuova immagine panoramica realizzata dal telescopio spaziale “Hubble” nell'ultravioletto. Sfruttando i filtri ultravioletti di “Hubble” gli astronomi hanno catturato l’emissione dovuta alla formazione stellare nell’arco degli ultimi 11 miliardi di anni, compresa l’era più “prolifica”, circa 3 miliardi di anni dopo il Big Bang. L’immagine, resa nota dalla NASA, mostra un vero e proprio “calderone” di formazione stellare, che ci aiuterà a comprendere meglio i meccanismi alla base della formazione del cosmo.
L’immagine, una delle più grandi riprese panoramiche di Hubble, è stata raccolta nell’ambito del programma Hubble Deep UV Legacy Survey, costruito a partire dai dati del progetto Cosmic Assembly Near-infrared Deep Extragalactic Legacy Survey (CANDELS-Deep), e copre un’area di cielo nell’Orsa Maggiore grande 14 volte l’area coperta dall’Hubble Ultra Violet Ultra Deep Field realizzata nel 2014.
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14/08/2018 - Parker Solar Probe, la nuova sentinella spaziale è in viaggio verso il Sole
Parker Solar Probe, la nuova sentinella spaziale è in viaggio verso il Sole
Un lancio in notturna da Cape Canaveral, dallo storico complesso 37 della base americana di Cape Canaveral, in Florida. Poco dopo le 3:30 di domenica scorsa (le 9:30 di lunedì mattina in Italia), la sonda Parker Solar Probe ha iniziato il suo viaggio verso il Sole. Il lancio è avvenuto grazie a un potente Delta IV Heavy, il “peso massimo” della United Launch Alliance, alto circa 72 metri. Al lancio ha partecipato anche Eugene Parker, oggi novantenne, che nel 1958 ipotizzò la presenza del vento solare. Parker è il primo a vedere partire una sonda con il proprio nome. Perché la Parker Probe è una nuova sonda interamente dedicata allo studio del Sole, e che arriverà a lambire la nostra stella immergendosi nelle regioni più interne del vento solare.
La sonda si spingerà a poco più di 6 milioni di chilometri dal Sole, dove sarà protetta dal calore della nostra stella grazie a un apposito scudo solare. Arriverà al Sole in novembre, dopo una serie di manovre di assist gravitazionale, a partire dal primo incontro con Venere a ottobre, per poi immettersi in orbita solare a novembre. Per spingerla verso il Sole, i tecnici della NASA hanno impartito un’accelerazione record alla sonde, alcune decine di volte maggiore di quella necessaria per raggiungere il pianeta rosso. La Parker raggiungerà la velocità record di 700 chilometri all’ora, diventando la sonda più veloce mai costruita dall’uomo. Una volta giunta nei pressi della nostra stella, inizierà una serie di manovre di rallentamento che la porteranno nell'atmosfera solare, dove studierà in dettaglio i meccanismi alla base del vento solare.
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10/08/2018 - Un nuovo, misterioso lampo dalla Galassia
Un nuovo, misterioso lampo dalla Galassia
Lo scorso 25 luglio abbiamo captato un nuovo, strano, segnale radio. I primi ad osservarlo sono stati i radiotelescopi del progetto CHIME in Canada, nella regione di British Columbia. Dalle prime analisi il segnale non assomiglia per niente a quanto visto finora. A differenza dei Fast Radio Burst (FRB), cioè i lampi radio scoperti nel 2007, in questo caso si tratta di un breve segnale captato a frequenze molto basse, intorno a 580 Mhz, almeno 200 Mhz al di sotto di quanto visto finora. La scoperta è apparsa pochi giorni fa come “telegramma astronomico” (Astronomer’s Telegram), una delle moltissime comunicazioni rapide su fenomeni celesti transienti. Il segnale, captato il 25 luglio, è ora al vaglio degli astronomi, che stanno cercando di capire quale fenomeno possa aver prodotto un lampo di frequenza così bassa. La scoperta potrebbe infatti aiutarci a capire meglio il fenomeno ancora misterioso dei lampo radio veloci, o potrebbe suggerire l'esistenza di sorgenti cosmiche ancora del tutto sconosciute.
La natura dei FRB è ancora misteriosa, anche se gli astronomi pensano a fenomeni catastrofici, come esplosioni di stelle oppure scontri di buchi neri o stelle di neutroni. In pochi millesimi di secondo infatti un FRB è in grado di sprigionare l’energia di 500 milioni di soli, emessa sotto forma di onde radio. Naturalmente c’è chi propone origini alternative, fra cui la possibilità che i FRB siano generati da una qualche forma di civiltà extraterrestre. Il lavoro è ancora preliminare e sono necessarie tutte le analisi del caso, in modo da capire cosa sia quel segnale e stabilirne l’origine.