Le vostre domande

Domanda fatta da: Letizia Ciampi, [email protected], 04/04/2018

E' da 3/4 anni che uso un piccolo rifrattore con 45 ingrandimenti e vorrei passare ad un telescopio migliore, se possibile riflettore. La mia cifra massima è sui 500, anche 600. Che cosa mi consigliate?

risponde Walter Ferreri

Nella cifra che indica rientra perfettamente un riflettore Newton da 15 cm di diametro con montatura equatoriale completo di motorizzazione. Ora, dal momento che del suo strumento attuale indica solo un valore di ingrandimento, immaginiamo che si tratti di un’apparecchiatura assai economica, con un obiettivo dal diametro massimo di 5 o 6 cm. Pertanto, passare ad un 15 cm rappresenta un bel passo in avanti. I Newton da 15 cm più diffusi in Italia sono quelli da 75 cm di lunghezza focale; ottimi strumenti “tuttofare” e compatti, con un rapporto prestazioni/prezzo tra i migliori. Ma nel caso a lei interessi molto l’osservazione dei pianeti o la ritenga preponderante nell’ambito delle sue osservazioni, allora può considerare il meno diffuso modello da 120 cm di focale, cioè a f/8 anziché f/5. Quest’ultimo è più ingombrante ma rientra ancora nel suo budget e sui pianeti fornisce immagini leggermente migliori.

In realtà, sempre nella stessa cifra, potrebbe rientrarci addirittura un Newton da 20 cm, ma in questo caso con montatura Dobson (cioè altazimutale economica) o anche equatoriale ma di ditte poco note. Insomma le soluzioni sono diverse, ma noi propendiamo per quella indicata all’inizio, che ci sembra sostanzialmente la più equilibrata. Inoltre – e la cosa non è secondaria anche se ora non è certo prioritaria – i Newton da 15 cm a f/5 sono molto commerciali; un domani che volesse cambiarlo non troverebbe nessuna difficoltà a venderlo ad un prezzo interessante.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Valter Ramazzotto, [email protected], 02/04/2018

Buongiorno a voi tutti,avrei bisogno di un chiarimento: avendo a disposizione una montatura equatoriale Skywatcher HEQ5 HEAVY DUTY motorizzata su entrambi gli assi e non credo sia go to (chiedo conferma), per renderla appunto go to( Synscan) posso cambiare solamente la pulsantiera di controllo oppure devo sostituire tutta l'elettronica compresi i motori?Grazie Valter Ramazzotto

risponde Federico Manzini

Buongiorno Ramazzotto,

l'intervento che lei prospetta è corretto: deve cambiare tutta l'elettronica e la motorizzazione, sostituendo i due motori attuali con degli stepper. Mi pare di ricordare che sia opportuno cambiare anche la scheda interna per il contatto di alimentazione. Consideri comunque che il costo del kit è piuttosto elevato e non saprei sei ... il gioco vale la candela, per dirla con un proverbio d'altri tempi.

In Italia era Auriga che importava il kit di modifica, purtroppo ora ne sono sprovvisti.

A presto, cieli sereni

Federico Manzini
Domanda fatta da: Maria Mezzatesta, [email protected], 28/03/2018

Buongiorno, mi chiamo Maria Mezzatesta e sono un'appassionata di astronomia. Sto scrivendo un libro di fantascienza e mi sono chiesta se un'ipotetica intelligenza extraterrestre ci contattasse, magari rispondendo al messaggio che ha inviato Sagan negli anni settanta dall'osservatorio di Arecibo come dovrebbe essere il segnale che si potrebbe ricevere presso l'Osservatorio di Arecibo? Gli astronomi lo riceverebbero in 'diretta', oppure se ne accorgerebbero solo dopo tempo studiando i messaggi ricevuti? Grazie per la risposta

risponde Piero Stroppa

Gent.ma Maria,

il messaggio inviato negli Anni 70 da Arecibo è in viaggio verso l'ammasso globulare M13, dove arriverà tra circa 23 mila anni. C'è tempo per ragionare con calma sul da farsi, dato che la risposta arriverà, se va tutto bene, tra 46 mila anni...

C'è anche il problema dell'interpretazione dei messaggi, sia quelli inviati da noi (soprattutto quelli involontari, dovuti alle trasmissioni radio e tv, che hanno già raggiunto le stelle più vicine e i loro eventuali pianeti, ma con una debolezza estrema e con la possibilità di essere interpreati, anche da intelligenze aliene simili alle nostre, come di origine naturale), sia quelli ricevuti.

Da anni proprio ad Arecibo si analizzano i segnali che arrivano dallo spazio con la speranza di cogliere qualche indizio di segnale artificiale, finora senza successo. Se vuole saperne di più, si informi del programma SETI, che ha anche un risvolto amatoriale: il programma SETI@home che ha coinvolto più di 5 milioni di collaboratori, stabilendo un record di elaborazione distrbuita.

Al di là della possibilità di contatto con qualche ET, questa ricerca sviluppa tecnologie che hanno ricadute in vari settori, da quelli tecnologici e informatici a quelli strettamente astrofisici, dato che ogni segnale radio anomalo, se non è trasmesso da intelligenze aliene, ha un'origine naturale che è interessante investigare. E' famosa la rilevazione di segnali radio anomali nel 1967 che furono dapprima pensati di origine artificiale e poi attribuiti alle pulsar, stabilendo così la scoperta di una nuova classe di oggetti astrofisici che ha generato un nuovo e vasto campo di ricerca astrofisico.

Si ricordi, infine, che per scrivere della buona letteratura di fantascienza, bisogna prima conoscere tanta e buona letteratura e, soprattutto, tantissima e ottima scienza...
Domanda fatta da: CAPONI PRIMO, [email protected], 28/03/2018

HO SCATTAO UN FOTO ALL AMMASSO GLOBULARE M3 CON TELESCOPIO MKSUTOV CASSEGRAIN 150/1800 E MACCHINA CANON EOS 1200D E CON RIDUTTORE DI FOCALE DELLA TS DA 1.25' TEMPO DI ESPOSIZIONE 15' 800ASA MI E VENUTO UN GROSSO ALONE DOVE E CHE COSA HO SBAGLIATO

risponde Federico Manzini

Buongiorno Caponi,

l'alone che si vede nella sua foto dovrebbe essere dovuto quasi esclusivamente a vignettatura.

Il sensore che equipaggia la sua fotocamera ha dimensioni di 22,3x14,9 mm e lei ha utilizzato un riduttore da 31,8 mm di diametro esterno, che diviene circa 29,8 mm di piena luce. Considerando poi il tiraggio (la distanza fra riduttore e sensore) che necessariamente deve esserci lei ha ottenuto una delle migliori foto di vignettatura che siano mai apparse!

Scherzi a parte, passi subito ad un riduttore da almeno 50,8 mm di diametro e controlli bene quello che ho chiamato 'tiraggio': è fondamentale che questa misura sia identica a quella che viene fornita con le specifiche del riduttore, altrimenti permane il potere di riduzione, ma insorgono gravi problemi ottici a bordo campo.

Tenga anche presente che ogni fotografia astronom ica dovrà essere trattata con la sottrazione dell'immagine dark e la riduzione con una immagine di flat.

A presto, cieli sereni

Federico Manzini
Domanda fatta da: Luca Leone, [email protected], 29/03/2018

Buongiorno, un questito sui filtri per osservare, e magari poi fotografare, Marte. Dopo aver letto l'interessante articolo sull'opposizione di Marte (su Nuovo Orione) di W.Ferreri, vorrei capire meglio quale filtro risulterebbe più proficuo per l'osservazione (e magari qualche ripresa video in proiezione dell'oculare con una mirrorless) del pianeta, utilizzando un C8 con un normale diagonale a specchio e normali oculari superplossl. Questo perchè, su alcuni siti di rivenditori, leggo che alcuni filtri colorati (tipo l'arancione) sono da utilizzarsi solo con grandi diametri, dai 20cm a salire. Grazie, un cordiale saluto. Luca Leone Luca Leone

risponde Walter Ferreri

Nell’osservazione di Marte, ancor più che per gli altri pianeti, si rivela utile tutto un set di filtri. Spesso questi accessori fanno la differenza tra la percezione di dettagli sottili o il non vederli affatto. Un buon set di filtri è quasi un obbligo per un osservatore serio. Il loro scopo è duplice; da un lato attenuano il bagliore del disco del pianeta mentre dall’altro accentuano i dettagli più delicati. Spesso sono proprio questi dettagli che rivelano l’inizio di molte variazioni a grande scala su Marte. Eccone alcuni. Il W80A, blu, è utile per la ricerca di schiarite blu e per evidenziare le nubi alte. Il W58, verde, mette in evidenza il “bordo di fusione” intorno alle calotte polari ed è utile per la ricerca di tempeste di polvere. I W12 e W15, gialli, accentuano i bordi delle calotte polari e le nubi bianche. I W21 e W23A, arancioni, sono in assoluto tra i più utili per Marte. Essi permettono di delineare dettagli molto fini nelle regioni rossastre e accentuano i “mari”, mostrando al loro interno delle screziature. Il loro uso non pone problemi con un’apertura di 20 cm, in quanto non assorbono molta luce. Questo vale anche per la ripresa fotografica, poiché le moderne fotocamere digitali si possono impostare alla sensibilità di 400 ISO mantenendo un’ottima definizione. Il problema dell’assorbimento inizia, invece, ad assumere un certo rilievo con l’utilizzo del filtro W25, rosso, che effettivamente blocca parecchia luce, ma che io trovo perfettamente utilizzabile con telescopi sui 20 cm di diametro. In definitiva, sintetizzando e considerandone uno solo, il filtro più proficuo per l’osservazione e la ripresa di Marte con la sua attrezzatura è il W23A.

Auguri per le sue osservazioni, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Valter Ramazzotto, [email protected], 23/03/2018

Buongiorno a voi tutti avrei bisogno di un consiglio, voglio iniziare a fare fotografia astronomica deep sky mi interessano nebulose e galassie ho un apocromatico 80mm e una fotocamera Nikon D3200.Quali sono i filtri migliori che devo usare per foto a colori,( la fotocamera non è modificata) . Grazie

risponde Giuseppe Donatiello

Prima di domandare quali filtri utilizzare, è sempre opportuno chiedersi se si abbia l’attrezzatura minima necessaria per il tipo di astrofotografia che si desidera eseguire. Siccome non possiamo dare per scontato che lei abbia già una minima esperienza in merito, forse è il caso di riassumere brevemente quelle che riteniamo siano le tappe per dedicarsi con successo alle riprese deep-sky a lunga posa con un rifrattore da 80mm. Intanto deve possedere una montatura equatoriale motorizzata abbastanza robusta da reggere un 80mm, poi fare una certa pratica con le riprese a largo campo e con teleobiettivi, sperimentando varie combinazioni esposizione/ISO e somma di scatti. Questi scatti, lungi da essere poco interessanti, sono propedeutici per conseguire il miglior risultato sul cielo notturno con la fotocamera che possiede. Se avrà fatto queste esperienze, avrà certamente notato che la sua DSLR, nonostante non sia un modello di punta, è in grado di mostrare molto bene i campi stellari ma mostrerà le nebulose gassose a emissione piuttosto smorte, di colore tendente al ciano/magenta. Questo accade perché tutte le fotocamere DSLR e mirrorless incorporano un filtro anteposto al sensore CMOS (notoriamente sensibili all’infrarosso) che taglia gran parte della radiazione infrarossa/rossa per ottenere un migliore bilanciamento, regione in cui cade la preziosa riga H-alpha che tanto rende le nebulose fotogeniche. In sostanza, il filtro in questione è un IR-cut e, per via del taglio che esegue nella regione del rosso, nell'uso astronomico si rende necessaria la modifica che prevede la rimozione per allargare la finestra spettrale in ingresso sul sensore CMOS. Specificando che la sua Nikon D3200 non è modificata, lei dimostra di conoscere questo problema (che abbiamo comunque riassunto a vantaggio dei lettori meno esperti) e quindi tale situazione è conservata anche quando la fotocamera sarà collegata al suo rifrattore con l’apposito adattatore e anello T2.

Quali filtri usare? La risposta non è scontata. Non indicando da dove intenda eseguire fotografia del cielo profondo, cioè se da un sito abbastanza buio oppure da uno suburbano, viene da suggerire soltanto l'uso di un filtro CLS, vale a dire uno che riduca gli effetti negativi dell'inquinamento luminoso. Nessun altro filtro sarebbe utile in concreto con la sua fotocamera in assenza di modifica. Tenga presente che un filtro, qualunque esso sia, riduce notevolmente la luce che arriva sul sensore e sarà necessario allungare in proporzione il tempo di esposizione per conseguire un analogo 'annerimento'. In base alla mia esperienza, da un buon sito di montagna (SQM >21) tale filtro non è indispensabile mentre diventa necessario da siti inquinati. Anche col filtro e per via della fotocamera non modificata, comunque, lei non otterrà quelle belle foto con le nebulose rosse, bensì immagini con una forte colorazione fredda, irrilevante sulle galassie che pure desidera riprendere. Non trascuri inoltre la necessità di dover guidare durante l'esposizione, cosa che le richiede l'uso di uno strumento e una camera autoguida preposta allo scopo. In alternativa potrà optare sulla somma di decine di pose brevi in base alla qualità dello stazionamento e della capacità di inseguire correttamente su una stella di riferimento per un certo tempo (almeno 60 secondi). Mettendo in conto tutti gli accessori necessari per allestire un setup con DSLR, forse inizia a essere più conveniente considerare l’acquisto di un’astrocamera già predisposta per la ripresa del cielo profondo, anche senza TEC, giacché testimonianze, sempre più frequenti, dimostrano che si possono ottenere buone immagini ricorrendo alla somma di tante esposizioni brevi, quindi senza la necessità della guida. Valuti lei questa possibilità.

Non ultimo, valuti pure il costo di tali filtri CLS che i rivenditori propongono in più formati, da quello canonico in cella avvitabile all’adattatore da 1.25 e 2”, al clip da inserire a pressione nel corpo macchina. Tutti questi filtri hanno prezzi quasi dello stesso ordine della sua fotocamera. A titolo personale, suggerisco di prendere in considerazione quelli standard da avvitare perché più universali e utilizzabili con più dispositivi, mentre i filtri clip sono vincolanti al modello di fotocamera. Apprezzati filtri CLS – LPS sono prodotti da Optolong, Astronomik, Hutech IDAS LPS (con questi ultimi efficaci anche contro i LED bianchi).
Domanda fatta da: salvatore pellegrino, [email protected], 09/02/2018

salve sono un vostro appassionato lettore da un anno (NUOVO ORIONE); vi contatto in merito all'articolo PAOLO NESPOLI: IL RITORNO A CASA...desidererei avere una dettagliata trattazione scientifica relativamente alla necessità dell'angolo di inclinazione di 2° nella traettoria di rientro a terra con cenni anche sull'effetto fionda...da docente sarebbe interessante presentarla agli alunni come applicazione della legge di gravità nonchè moto circolare e forze apparenti...secondo me nella rivista sarebbe opportuno spesso soffermarsi anche sulla spiegazione a livello scientifico di aspetti riguardanti i vostri articoli e che possono essere interessanti da presentare agli studenti delle superiori che a loro volta potrebbero diventare vostri lettori..

risponde Antonio Lo Campo

Gentile lettore,

L’angolo a cui si riferisce è definito FPA (Flight Path Angle) ed è l’angolo formato tra il vettore della velocità relativa e il piano orizzontale. Di solito viene definito all’Entry Interface Point ovvero il punto in cui il veicolo entra nuovamente nell’atmosfera terrestre. Il punto è posto convenzionalmente a 120 km di quota (400'000 ft - piedi).

Per volo in discesa l’angolo è sempre negativo. Per il dimostratore di rientro da noi realizzato, IXV, il FPA era -1,2 deg, per lo Shuttle è simile… -1,2…-1,4 deg.

Per rientri ad alta velocita (i.e. da Luna, Marte) è circa -9…-12 deg.

Per una trattazione dettagliata si rimanda ai testi di dinamica del volo (ad esempio https://en.wikipedia.org/wiki/Flight_dynamics_(spacecraft)

Roberto Angelini

Thales Alenia Space Italia
Domanda fatta da: Carlotta Talò, [email protected], 08/03/2018

Buongiorno gentile redazione, Ho 19 anni e mi sto avvicinando sempre più ad una scelta importante: l'università. Fin dall'infanzia provo una grande attrazione per l'universo e vorrei che, in un modo o nell'altro, facesse parte del mio lavoro in futuro. In poche parole, sono un'astrofila che vorrebbe diventare un'astronoma. Il problema è che non so in quale settore inserirmi perché trovo tutto ciò che riguarda lo spazio ammaliante! Mi interessa molto l'astrobiologia, la planetologia, l'astrofisica ed anche l'ingegneria aerospaziale. Per l'ultima so che dovrei fare ingegneria (ovviamente), ma per astrobiologia quale potrebbe essere il percorso adatto? Più in generale, quali sono i possibili lavori collegati allo spazio (oltre all'astrofisico)? Come posso fare per scegliere al meglio la strada da percorrere? Grazie in anticipo per la risposta e buona giornata!

risponde Walter Ferreri

Considerando i suoi molteplici interessi e – soprattutto – tenendo conto delle possibilità di impiego, a nostro avviso la scelta migliore è (come ha già intuito) orientarsi verso un corso di studi in ingegneria, la cui laurea apre più porte nel mondo del lavoro. Ingegneria aerospaziale, per rimanere in una delle sue indicazioni, non solo consente di operare nel settore specifico ma anche in altri limitrofi. Questo campo di studi in genere presuppone una certa disponibilità a viaggiare o a recarsi frequentemente all’estero, un’esperienza a nostro avviso molto positiva in quanto mette in contatto con realtà internazionali, fornendo una notevole apertura mentale. Qui i possibili lavori collegati allo spazio sono parecchi; si va dalla progettazione ai test, dalle simulazioni all’informatica e così via. Molto dipende in quale azienda si andrà a confluire.

La laurea in fisica, con le varie specializzazioni (astrofisica in primo luogo), comporta senza dubbio un percorso di studi appassionante, ma, all’atto pratico, se escludiamo l’insegnamento che – ci pare di capire – non sia una sua priorità, offre minori opportunità di lavoro.

Per l’astrobiologia, come è facile intuire, il percorso più adatto sarebbe quello che comprende una laurea in biologia, ma, anche qui, le possibilità di inserimento nel mercato del lavoro, nel settore di interesse, poi non sono così numerose o così varie come quelle offerte da ingegneria aerospaziale.

Ovviamente tutte queste considerazioni valgono per la situazione attuale; fra cinque anni le cose potrebbero essere diverse; noi comunque siamo dell’opinione che anche allora ingegneria continuerà ad essere la più promettente per un impiego all’altezza delle aspettative.

Un cordiale saluto e un augurio di felice scelta, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Daniele Dipresa, [email protected], 04/03/2018

Gentilissima redazione di Nuovo Orione, gradirei un consiglio in merito all'acquisto di un diagonale da 31.8mm di barilotto. Ho appena letto la risposta data da W. Ferreri ad un lettore sui diagonali dielettrici. La mia domanda verte più su un uso 'planetario' dei diagonali. A riguardo ho letto con interesse un articolo su internet (tradotto ed adattato da Raffaello Braga) in cui si confrontano varie tipologie di diagonali. Da questo confronto sembrerebbe che ci sia una certa superiorità dei prismi sugli specchi, in particolare nel percepire i dettagli planetari più flebili (penso ai festoni su Giove). Mentre alcuni dielettrici darebbero più luce diffusa. Le risulta? Tornando al mio eventuale acquisto del diagonale da 31.8mm, finora ho usato il diagonale standard del mio vecchio SkyWatcher Mak 90/1250 alternandolo tra il mio nuovo Omegon Mak 127/1900 ed il rifrattore TS Photoline apo 60/360. Cosa mi consigliate (sotto le 150€)? Prisma o specchio? E in quest'ultimo caso, dielettrico o alluminato? Difficilmente i costruttori specificano se l'accuratezza sul fronte d'onda sia misurata prima o dopo il rivestimento (coating). In ogni caso il diagonale che mi consigliate lo userei prevalentemente per la visione planetaria (nel mak 127) e, quando necessario, per osservazioni generiche nel piccolo apo. Grazie e cieli sereni! Daniele

risponde Walter Ferreri

Dobbiamo innanzi tutto premettere che non abbiamo mai eseguito dei test specifici sui deviatori a 90° e, pertanto, quanto segue, si riferisce a osservazioni saltuarie e slegate fra di loro. Occorre anche aggiungere che ogni volta che eseguiamo dei test sulle ottiche evitiamo l’uso di deviatori, sia a prismi che a specchi, affinché la qualità ottica degli obiettivi non venga in qualche modo influenzata dai dispositivi interposti.

Fatta questa lunga ma doverosa premessa diciamo che per quel che riguarda la nostra esperienza i deviatori a prismi ci sembrano fornire una visione leggermente migliore sui delicati contrasti planetari, mentre sugli astri del cielo profondo non abbiamo notato differenze fra prismi e specchi. Questo, beninteso, per deviatori di una certa qualità e non quelli super-economici, che danno immagini con più luce diffusa e tendono ad introdurre aberrazioni come l’astigmatismo.

Pertanto, considerato il tipo di applicazione, il nostro consiglio è l’acquisto di un deviatore a prisma, evitando quelli dai prezzi particolarmente invitanti.

Walter Ferreri
Domanda fatta da: Mattia Lonardi , [email protected], 02/03/2018

Buongiorno, ho acquistato di recente un telescopio Ziel Mahk 90 advanced (riflettore da 130/900). Vorrei sapere quali delle tre coppie di viti poste sul fondo bloccano il primario e quali lo regolano. Tre viti sono sporgenti e le altre tre vanno in battuta sul fondo. Grazie

risponde Walter Ferreri

Premesso che il suo strumento, grazie al rapporto d’apertura di f/7 non rende critica la collimazione, cioè un leggero disassamento non si ripercuote subito come un degradamento nell’immagine, avere lo strumento ben centrato è sempre un fatto positivo.

Il sistema di collimazione a tre coppie di viti, che utilizza il suo riflettore, è un classico per i Newton; per un funzionamento ottimale le viti che danno luogo alle coppie devono essere tra di loro le più vicine possibili. Anche se oggi parecchi costruttori preferiscono l’utilizzo di tre sole viti reggispinta (grazie a molle), con le quali l’operazione è obiettivamente più semplice e più veloce, il sistema a coppie rimane sempre valido. In questo caso la vite “a battuta” o di serraggio si avvita nella cella mentre l’altra vi pigia sopra ed è avvitata solo nel coperchio esterno. Quindi, nel suo caso il primario è bloccato permanentemente nella sua cella; la collimazione si effettua inclinando più o meno la cella rispetto al tubo. Per fare questo è sufficiente allentare la vite “a battuta” e avvitare l’altra. Un controllo dalla parte aperta del tubo ci dice subito se abbiamo fatto l’operazione corretta o se occorre agire su un’altra coppia. Tenga presente che basta una piccola rotazione per spostare sensibilmente l’inclinazione dello specchio, ad esempio un mezzo giro. Uno degli errori più frequenti che compiono le persone inesperte consiste proprio nel ruotare eccessivamente le viti di regolazione.

In definitiva, alla regolazione dello specchio concorrono entrambe le viti delle coppie, mentre per la sola tenuta sarebbero sufficienti quelle “a battuta”.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri

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