Le vostre domande

Domanda fatta da: Giuseppe Gilli, [email protected], 25/01/2019

Permettetemi una domanda 'tecnica' da lettore costante: perché in tutta la città di Ferrara è stato impossibile reperire il numero di Gennaio 2019 ? Pensavo a un ritardo o un disguido momentaneo ma finora nessuna delle molte edicole contattate ha mai ricevuto il numero di Gennaio. Così per la prima volta, fin dal vecchio 'Orione' ho perduto un numero ...soprattutto la copia di Gennaio con l'annesso annuario astronomico e di cui avevo prenotato tre copie in edicola.

risponde Piero Stroppa

Se segue con costanza la rivista, avrà letto le nostre amare considerazioni sulla distribuzione nelle edicole che è sempre più in crisi e che ci vedrà presto costretti ad abbandonarle del tutto.

Purtroppo non ci è possibile rispondere alla sua domanda perché la scelta delle edicole in cui distribuire le riviste è nelle mani di un algoritmo di propietà esclusiva del distributore. Una richiesta accorata di darci almeno l'elenco delle edicole in cui la rivista stata distribuita l'ultimo mese ha prodotto un risultato in cui non compare nessuna edicola di Ferrara!

Ora comprende perché puntiamo sull'invito ad abbonarsi alla rivista, unica garanzia di riceverla sempre. E che ci garantirebbe di non sprecare denaro e carta per stampare migliaia di copie della rivista che non vengono nenanche distribuite e che finiscono direttamente al macero.

Unica consolazione: il diario astronomico non era allegato alla rivista, ma quest'anno è disponibile per tutti gratuitamente in formato digitale sul sito, dove si può scaricare alla pagina http://www.astronomianews.it/index.php?p=diario-astronomico

Le consiglio di seguire anche il nostro sito www.astronomianews.it dove le news astronomiche e anche avvisi di questo genere vengono comunicati in tempo reale.

Un cordiale saluto
Domanda fatta da: Roberta Taricani, [email protected], 16/01/2019

Vorrei congratularmi con gli astrofotografi che si dilettano a catturare le meraviglie dell'universo.Fra le più recenti sono molto pittoresche quella di S.Ferretti(La G.N. di Orione) e quella di T.Stella(The Running Man) che non hanno nulla da invidiare alla Nebulosa delle vele...anche se è un mosaico...premiata come foto più bella del 10 gennaio.Bravissimi tutti e penso sia un modo per sentirsi più uniti!Saluti.

risponde Piero Stroppa

Grazie per questo apprezzamento che spero venga letto dai nostri astrofotografi così impegnati a catturare le bellezze dell'Universo - spesso con fatica e sacrificio - per renderle accessibili a tutti.

Anche il mosaico delle Vele sarà pubblicato sulla rivista per spronare i nostri bravi fotografi del cielo a inviare le loro migliori immagini al sito APOD della NASA.

Ma intanto è già caricato sul nostro sito, in una Astronews del 13 gennaio.

Un cordiale saluto
Domanda fatta da: Augusto Galliano, [email protected], 17/01/2019

Salve. Vorrei sapere se il filtro IDAS LPS-D1 per Canon EOS sia migliore del filtro UHC della Celestron. Faccio presente che ho una Canon EOS 550D che uso sul CPC800 + riduttore (Celestron) f 6,3.

risponde Giuseppe Donatiello

Sui filtri se ne leggono di tutti i colori, verrebbe da dire. Intanto bisogna sempre domandarsi circa l’uso che ne vogliamo fare e quali siano gli scopi da raggiungere.

A parte i filtri foto/visuali colorati a larga banda, utilizzati per selezionare una specifica regione dello spettro (un esempio, i classici RGB), altri filtri sono invece usati per selezionare una specifica stretta banda intorno a determinate righe d’emissione per incrementarne il segnale, poi ci sono i filtri che hanno lo scopo di abbattere determinate lunghezze d’onda e lasciare passare altre bande dello spettro. Negli ultimi due casi parliamo di filtri interferenziali perché sfruttano il fenomeno dell’interferenza della luce per svolgere il loro compito. Dettagliare sul principio di funzionamento ci porterebbe lontano, quindi qui ricordiamo che tali filtri sono costituiti da un certo numero di strati semiriflettenti, di specifico spessore e diverso indice di rifrazione, mediante i quali si selezionano e si lasciano passare determinate lunghezze d’onda. Quando, mediante ripetute riflessioni interne tra gli strati, il segnale viene portato in fase e ne esce rinforzato, otteniamo un filtro interferenziale del primo tipo, come ad esempio un OIII o H-alfa. Lo stesso fenomeno può essere però usato al contrario per abbattere determinate lunghezze d’onda, semplicemente non rinforzandole con la messa in fase. Si creano così i filtri che bloccano le emissioni indesiderate come quelle prodotte da particolari prevedibili fonti d’illuminazione pubblica. A questo punto è chiaro perché tali filtri abbiano costi sensibilmente più alti rispetto ai semplici filtri colorati proprio per via della maggiore complessità costruttiva e per i materiali utilizzati: in altre parole, non sono semplici pezzi di vetro.

Non da meno sono importanti pure le condizioni geometriche relative al loro utilizzo giacché l’efficienza è strettamente legata alla natura del fascio ottico in entrata che non deve essere molto aperto poiché la condizione ideale sarebbe quella di un fascio parallelo. I filtri interferenziali, a prescindere dalle specifiche, non dovrebbero essere utilizzati su strumenti aperti sotto f/4, altrimenti la loro efficacia cala drasticamente. Con i teleobiettivi sotto f/4 è consigliabile utilizzarli anteposti alla lente frontale e non dietro di quella di campo, come proposto da alcuni costruttori di accessori astronomici con soluzioni a telaietto.

Ogni filtro, in definitiva, ha caratteristiche proprie e non sono generalizzabili se non in linea di massima. I filtri che lei ha indicato sono per riprese deep-sky con caratteristiche simili, ma non uguali. Nella scelta, come dicevamo sopra, bisogna capire quale sarà il compito che il filtro dovrà svolgere e per rispondere basta guardarsi intorno e capire che tipo di fonti d’inquinamento luminoso dovrà abbattere. Quindi la domanda è mal posta, giacché non bisogna chiedere quale sia il migliore, bensì quale sia il più adatto al proprio ambiente di osservazione.

In via generale, l’UHC fotografico lascia passare quasi del tutto le righe d’emissione dell’OIII e dell’H-beta nella regione celeste-verde e H-alfa nel rosso, bloccando tutto il resto dello spettro in cui ci sono le generiche fonti d’inquinamento. È un po’ come avere i tre filtri insieme in uno solo, ma in maniera grossolana. In genere gli UHC sono ottimizzati per lavorare al meglio con aperture tra f/4 e f/15, quindi anche il suo SCT Celestron a f/6,3.

Il filtro Hutech IDAS LPS-D1 è ottimizzato per camere a colori e DSLR con sensore APS-C. Propone una buonissima trasmittanza e non altera significativamente i colori, non mostrando le tipiche dominanti tendenti al blu/verde presenti in altri filtri, come l’UHC. I filtri Hutech sfruttano anche una tecnologia che conferisce loro grande stabilità termica con deviazioni dalla lunghezza d’onda di riferimento non superiore a un nanometro. Entrambi i filtri sono anche disponibili in clip da montare all’interno della fotocamera. Sulla carta sono entrambi validi, con una leggera preferenza per il secondo, ma solo per il bilanciamento più “naturale”, sebbene da qualche tempo si stanno diffondendo in modo preoccupante gli impianti a led che presentano uno spettro esteso con un picco nella regione blu. Se tale fonte di disturbo è presente nella sua zona, le converrà prendere in considerazione il modello LPS-D2 con il quale potrà abbattere efficacemente tale disturbo. Come vede, non basta domandarsi solo quale sia il migliore.
Domanda fatta da: Luigi Tasini, [email protected], 20/01/2019

Ma Fiscaletti ci crede davvero in quello che scrive?

risponde Piero Stroppa

Bella domanda e provocatoria!

Le consiglio di rivolgerla alla redazione di Le Stelle (Walter Riva [email protected]), che potrà girarla al diretto interessato.

E’ più semplice che attraverso questa pagina di Colloquio del sito.

A caldo risponderei che chi si occupa di scienza non “crede” religiosamente alle ipotesi che propone e neanche alle teorie consolidate, anche se sono costate magari anni di fatica e di studi per elaborarle, comprenderle, pubblicarle.

Ogni ipotesi scientifica va vagliata dalla comunità dei ricercatori con gli strumenti matematici e sperimentali a disposizione, e perfino le teorie già accettate e pubblicate sono sempre in attesa di qualche indizio che ne possa costringere la modifica o addirittura la rivoluzione.

Abbiamo esempi illustri vicini e lontano che è superfluo ricordare.

È il metodo scientifico…
Domanda fatta da: Augusto Galliano, [email protected], 08/01/2019

Cosa ne pensate delle potenzialità del dobson Goto da 10' della skywatcher sul planetario sia in visuale che in ripresa? Potrei gestire tale telescopio in un balcone di 1,2m X 6m? Correrei il rischio che puntando oggetti bassi (tipo i pianeti nelle costellazioni estive) il tubo urti la ringhiera?

risponde Walter Ferreri

Il Dobson Sky-Watcher da 10” è uno di quei telescopi che ci ha stupito per la sua resa sui pianeti, nel senso che è risultato superiore alle nostre aspettative, soprattutto considerando che è aperto a f/4,7. Le sue potenzialità nel visuale si estendono ovviamente a quelle fotografiche, dove un’apertura di 25 cm garantisce un’ottima potenzialità di ripresa sui pianeti.

Indubbiamente la larghezza del suo balcone è alquanto al limite per l’utilizzo di uno strumento del genere (la lunghezza focale è di 120 cm), ma, sia pure a malapena, è ancora in grado di tenerlo. Altro problema è quello della ringhiera; di norma la loro altezza va dai 90 ai 95 cm, superando così quella del perno dell’asse di altezza della montatura Dobson di questo strumento. Ma, considerando la generosa lunghezza di 6 metri del suo balcone, se può posizionarlo ad una certa distanza dalla ringhiera (cioè un po’ di sbieco rispetto alla direzione della larghezza) anche questo problema sarebbe superato, visto che per un’osservazione decente un pianeta deve trovarsi ad almeno 20° sopra l’orizzonte. Tenga inoltre presente che può sempre mettere sotto la base della montatura un rialzo; una sopraelevazione anche di solo una ventina di centimetri migliora di molto le cose.

E’ chiaro che con la sua postazione uno Schmidt-Cassegrain sarebbe nettamente preferibile, ma è anche più costoso. Consideri però che, date le limitazioni imposte dal seeing, già un’apertura di 20 cm spesso offre il massimo consentito dall’atmosfera e che uno Schmidt-Cassegrain da 8” non ha un prezzo molto superiore a quello del Dobson Sky-Watcher 10” GoTo.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Stefano festa, [email protected], 09/01/2019

Buonasera. Ennesimo consiglio. Quale camera mi consigliate tra ZWO ASI224-385-178 avendo uno SC da 8' per pianet/luna ed un Apo 70mm f478mm per deep sky? Quali differenze sostanziali tra le camere con entrambe le focali? Scusate ma le proposte sono molte e , per cominciare, ci si perde. Grazie e cieli sereni. Buon lavoro

risponde Giuseppe Donatiello

Caro Festa, le astrocamere indicate sono tutte piuttosto valenti e godono di ottima reputazione tra gli utilizzatori. Da qualche tempo ormai le prestazioni generali sono più che soddisfacenti e la vera differenza la fanno le dimensioni del sensore e dei pixel. Pur con denominazioni simili, ZWO propone le sue camere in varie versioni, quindi è possibile scegliere tra camere a colori, monocromatiche con o senza sistema TEC di raffreddamento. Non sono differenze da poco e la resa può essere molto condizionata proprio da tale scelta. Non avendo specificato, ci limiteremo quindi a un giudizio di massima. Se non ha problemi di budget, le consigliamo l’ASI178 perché è la più versatile tra le tre. Intanto per il sensore di 6.4MP che con l'apo le permetterà di riprendere con notevole dettaglio un disco lunare o solare completo, cosa che non le riuscirebbe con lo SCT8'. Con tale camera può sfruttare convenientemente la funzione ROI con entrambi i suoi strumenti e grazie all'eccellente sensore Sony potrà dedicarsi alla ripresa deepsky con un buon campo di ripresa, sempre con entrambi (dell'8' può sfruttare pure la migliore risoluzione sugli oggetti meno estesi, come nebulose planetarie, stelle doppie e multiple). All'occorrenza, l’ASI 178 può fungere da autoguida, così come gli altri due modelli citati. Sia la 385 che la 224, a nostro parere, sono più indicate per le riprese planetarie con prestazioni abbastanza uniformi ma, come detto prima, lo stesso campo lo propone la 178 con la funzione ROI (Region Of Interest) e può operare alla stessa risoluzione e campionamento in Hi-Res. Se vuole qualcosa di più da una camera CMOS, consideri sempre almeno i modelli con TEC perché le restituiranno immagini sensibilmente meno rumorose anche con tempi brevi e alto guadagno.

Cieli sereni e bui!
Domanda fatta da: Giorgio Bandiera, [email protected], 28/12/2018

Ho un vecchio obbiettivo Yashinon-Dx 135mm. f. 2.8 dei primi anni '70 che desidero usare su Canon Eos 400D(anche questa vecchiotta, ma non come il 135) al posto dello zoom Canon 55-200 ultrasonic f. 4,5-5,6 in dotazione. Se possibile mi piacerebbe conoscere le caratteristiche tecniche di entrambi e quale ritenete migliore qualitativamente. E' ovvio che, per ragioni sentimentali, preferisco il 135, anche se più pesante. Nel ringraziare anticipatamente, porgo i miei migliori auguri di Buone Feste. Giorgio Bandiera

risponde Walter Ferreri

Il teleobiettivo Yashinon-DX 135 mm f/2,8 è un teleobiettivo con uno schema classico degli Anni 70, cioè con 5 lenti in 4 gruppi (il doppietto, con una lente biconvessa e una biconcava è anteriore). Questo schema ottico consentiva di ottenere un campo di buona definizione fino a circa 18° con la notevole (per un 135 mm) luminosità di f/2,8. Ed è proprio la luminosità l’aspetto che può far preferire quest’ottica alla più recente e sofisticata 55-200. Il 135 mm, risulta ben tre volte più luminoso dello zoom (utilizzato a 135 mm). Questo vuol dire che esso con un minuto di posa registra quanto può fare l’altro con tre minuti. A parte questo (notevole) vantaggio, tutti gli altri aspetti sono a favore del 55-200, che pesa di meno, è autofocus e non richiede lavori di adattamento al corpo Canon Eos 400 D. Lo schema zoom del Canon ha richiesto l’impiego di un numero maggiore di lenti: ben 13!

Il Canon è certamente molto più versatile, di uso più semplice ed immediato, ma una cosa non esclude l’altra! Può utilizzare lo Yashinon quando la maggiore luminosità è un fattore importante, relegando il Canon a tutti gli altri usi.

Buon Anno! Walter Ferreri
Domanda fatta da: Domenico Ienna, [email protected], 31/12/2018

Modalità di acquisto Diario astronomico 2019

risponde Piero Stroppa

Gent.mo Ienna

Il Diario astronomico è già online, come appare dalla homepage del nostro sito, come abbiamo annunciato sulla pagina fb ieri e come è stato comunicato in una newsletter diramata oggi .

Le consiglio di tenere sott’occhio i nostri canali online e di iscriversi alla newsletter per ottenere queste informazioni in tempo reale.

Il Diario si può scaricare gratuitamente dalla pagina:

http://www.astronomianews.it/index.php?p=diario-astronomico

Un cordiale saluto e Buon Anno
Domanda fatta da: Piero Milanese, [email protected], 01/01/2019

Spettabile Redazione Sfogliando la rivista e osservando la foto a pag. 30 in testa all'articolo ”L'albero delle stelle in inverno” sono rimasto colpito vedendo le stelle di Orione e delle Pleiadi “girate al contrario”. Subito ho pensato a un banale errore di fotomontaggio, ma poi, documentandomi sull'autore della foto (un ottimo astrofotografo) e sulla effettiva visione della volta celeste dall' emisfero boreale, ho dovuto prendere atto della mia ignoranza: la foto è correttissima, e da laggiù il cielo si vede così. Osservo da circa quaranta anni e mi chiedo se sono uno fra i pochi astrofili “asini” o sprovveduti a non avere certe conoscenze. Anche la Luna a “gambe all'aria”? Mi dà inoltre un senso di capogiro il pensiero del secondo volume di Uranometria 2000.0 voltato al contrario se mai capitasse (e sarebbe un sogno) di potermi concedere qualche serata osservativa a quelle latitudini. Grazie per la cortese attenzione, e auguri di Buon Anno e Buon Lavoro Piero Milanese

risponde Walter Ferreri

No, non deve sentirsi assolutamente né asino né sprovveduto. E’ normale che una visione del cielo “sottosopra” metta a disagio chiunque. A questo proposito ricordo che la prima volta in cui mi recai nell’emisfero australe (1984) guardando a nord vidi alcune stelle brillanti che rasentavano l’orizzonte e che inizialmente mi lasciarono perplesso. Solo in un secondo tempo mi resi conto che erano alcune delle stelle che costituiscono il Gran Carro! E’ vero che non ne era visibile la figura completa, ma non averlo capito subito…

Inoltre, ma questo è meno grave, anch’io inizialmente scambiai l’asterismo australe detto “falsa croce” per quella vera; quest’ultima è piuttosto piccola. Un altro aspetto che mi colpiva dall’emisfero meridionale della Terra era il constatare come, con il polo elevato alle spalle, gli astri sorgevano a destra, culminavano a nord e tramontavano a sinistra.

Per fortuna, chi è abituato all’osservazione del cielo, con l’aiuto di una cartina, in poco tempo si districa facilmente anche fra le costellazioni del cielo australe, alcune delle quali sono effettivamente eccezionali. Come il Dorado, che contiene la Grande Nube di Magellano, o il Centauro, con – tra l’altro - l’incredibile ammasso globulare Omega Centauri, ben visibile ad occhio nudo.

Buon Anno! Walter Ferreri
Domanda fatta da: Bandiera Giorgio, [email protected], 21/12/2018

Buongiorno, posseggo un binocolo Miyauchi BS 77 con due coppie di oculari da 20 e 30X e un tripletto apo William Optics 110, dei quali desidererei conoscere i particolari tecnici. Potete aiutarmi? Grazie e cordiali Auguri di Buone Feste

risponde Walter Ferreri

Iniziamo con il binocolo.

Il Miyauchi BS 77 è un binocolo giapponese piuttosto compatto (lungo circa 30 cm) e con scafo in duralluminio, pesante 2,5 kg. E’ dotato di obiettivi semi-apocromatici composti da quattro elementi in tre gruppi (schema ottico tipo Petzval); due di questi elementi sono in vetro ED. Essi hanno una lunghezza focale di 400 mm, quindi lavorano a f/5,2. Questi obiettivi, uniti al trattamento multistrato in ogni elemento, forniscono immagini ad alto contrasto e di grande nitidezza. La messa a fuoco è individuale e rimane della stessa morbidezza anche con forti escursioni termiche. La visione a 45° lo rende più comodo da usare quando si puntano oggetti alti sull’orizzonte e gli oculari hanno una buona estrazione pupillare. Di 19 mm quelli che forniscono 20x, con un campo apparente di 50°; di 14 mm quelli da 30x, con un campo apparente di 66°.

Il rifrattore apocromatico William Optics 110, prodotto in estremo oriente, ha un obiettivo composto da tre lenti, spaziate in aria, delle quali una è in fluorite. Naturalmente ognuna di esse ha un trattamento multistrato, che, insieme ai sei diaframmi interni, consente di avere immagini ad alto contrasto. La lunghezza focale è di 770 mm, quindi si tratta di un f/7, valore che lo posiziona favorevolmente per la fotografia di oggetti deboli, anche per quelli molto estesi con il correttore di campo. Il focheggiatore, girevole, ha una regolazione micrometrica nel fattore 1:10. Questo è molto importante per tale strumento che ha una messa a fuoco molto critica, per la perfezione ottica e il rapporto di f/7. Il tutto è molto robusto, come si evince anche dal peso (6 kg), che è notevole in proporzione alle dimensioni, cioè è un peso equivalente o leggermente superiore a quello del tubo di uno Schmidt-Cassegrain da 20 cm.

Buon Anno e complimenti per i suoi strumenti! Walter Ferreri

Le vostre domande

Il Cielo del Giorno