Le vostre domande

Domanda fatta da: Roberta Taricani, [email protected], 17/10/2018

L'universo è così immenso che non riusciamo ad inquadrarlo bene viste le nostre misere dimensioni a confronto,quindi se non abbiamo la certezza delle direzioni come possiamo essere sicuri che la luce ci arrivi solo dal passato?grazie e un saluto a tutti.

risponde Walter Ferreri

Come è noto la “freccia” del tempo va in una sola direzione: dal passato verso il futuro. Nello spazio-tempo del nostro universo il tempo è l’unica dimensione che non si può percorrere nel senso che si desidera. Per questo, e rimanendo nelle leggi fisiche sperimentate, non è possibile ricevere da qualsivoglia direzione dell’universo (perlomeno quello che conosciamo) informazioni dal futuro, ma soltanto dal passato. Così quando ammiriamo la luce di Sirio, riceviamo dei fotoni emessi circa 9 anni addietro. Da nessun astro, indipendentemente dalla sua posizione, riceviamo informazioni dal futuro, a meno di non mettere a punto una delle fantascientifiche “macchine del tempo”. Ma la possibilità di viaggiare nel tempo appare molto improbabile ed ancor di più da quando il grande fisico Stephen Hawking, alcuni anni addietro, affermò che la cosa non è possibile.

Un famoso astronomo del XX secolo aveva detto: “chi vivrà vedrà”, ma, temo, che per vedere qualche importante novità in questo settore occorra vivere molto, molto a lungo.

Le chiedo scusa se questa risposta è indubbiamente insoddisfacente; ne occorrerebbe una molto più estesa e articolata, dove si dovrebbe discutere anche dei cosiddetti tachioni, ma anche questa non potrebbe essere conclusiva.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Nicola Marconi, [email protected], 16/10/2018

Buongiorno, guardando vari almanacchi on line con il calcolo del sorgere e del tramontare del Sole, ma verificando anche personalmente prendendo i tempi del tramonto, ho notato che, nonostante il solstizio invernale sia il giorno più corto dell'anno, non è però il giorno in cui il Sole tramonta più in anticipo. Già a partire dal 10 dicembre il Sole inizia a tramontare un poco più tardi e, arrivati al solstizio, abbiamo guadagnato quasi due minuti serali. Il 21 o 22 dicembre rimane il giorno più corto perché al mattino il Sole ritarda talmente la sua levata, da compensare questo piccolo guadagno serale. Volevo sapere da cosa dipende questo tramonto posticipato del Sole ben prima del solstizio invernale, anche perché il 21 giugno accade il contrario: nei giorni successivi il Sole tramonta un poco più tardi rispetto al solstizio estivo fino alla fine del mese/primi di luglio.

risponde Walter Ferreri

La risposta nella mancanza di simmetria del sorgere e tramontare del Sole risiede nell’ellitticità dell’orbita terrestre.

Come è noto, più un pianeta è vicino al Sole, più velocemente si sposta, come ebbe a scoprire Keplero, che racchiuse questo comportamento nella sua celebre seconda legge: “Le aree descritte dal raggio vettore (congiungente pianeta-Sole) sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle”. Così, anche la Terra, che a fine anno è più vicina al Sole, cioè a poco più di 147 milioni di km, orbita più velocemente di quanto non faccia all’inizio dell’estate, quando la distanza arriva anche a sbordare i 152 milioni di km. Ne consegue che, a fine anno, oltre a quello lineare, anche lo spostamento orbitale angolare sia maggiore. Al contrario, la velocità di rotazione della Terra, quella intorno al suo asse, rimane costante. Ne consegue che per riavere il Sole nella stessa posizione (quindi anche per il sorgere e per il tramontare) la Terra deve fare un’ulteriore rotazione rispetto a quando si trova ad una distanza media dal Sole. E’ questa che dà luogo ad un ritardo sia nel sorgere che nel tramontare. Ecco perché il giorno del solstizio d’inverno non è quello in cui il Sole tramonta prima. Ovviamente, l’opposto si verifica all’inizio dell’estate.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: stefano sonzini, [email protected], 22/10/2018

Sono un appassionato di fotografia e sono in possesso di una reflex canon 60 D e vorrei un consiglio spassionato su cosa utilizzare per fotografare il cielo e i pianeti visto che su internet ognuno dice la sua.

risponde Giuseppe Donatiello

Caro Sonzini, presumo le interessa avere giusto un parere su come usare al meglio la sua Canon EOS 60D per un approccio morbido all’astrofotografia. Come giustamente scrive, su questo tema ognuno dice la sua, ed è anche comprensibile perché l’astrofotografia permette di assecondare la propria creatività in un determinato settore d’interesse, l’importante è non crearsi eccessive attese, calibrando i risultati in proporzione alla strumentazione posseduta. La sua è già una bella fotocamera, ma in astrofotografia non servono tutte quelle funzioni utili in riprese ordinarie: di fatto, bastano giusto le funzioni fondamentali di controllo manuale, tempo esposizione, diaframma, ISO e poco altro. Con obiettivi grandangolari può quindi cimentarsi inizialmente nella ripresa di panorami notturni che includano la Via Lattea o costellazioni (qui alcuni astrofili italiani si sono veramente specializzati, ottenendo consensi mondiali), si possono eseguire pure spettacolari startrail che mostrino la rotazione intorno al Polo celeste. Con piccoli teleobiettivi si possono ricavare ottime fotografie delle costellazioni per costruire un personale atlante fotografico. Per questo tipo di riprese è preferibile l’impiego di un astroinseguitore o, meglio, una piccola e solida montatura equatoriale motorizzata in AR per compensare la rotazione terrestre.

Con una montatura più robusta e un sistema di autoguida, potrebbe considerare l’uso di ottimi teleobiettivi sui 200/400mm o piccoli e più economici rifrattori apocromatici con focale simile. Con configurazioni simili si svolgono addirittura campagne di ricerca scientifica in certi settori di studio. La fotocamera così come esce dal costruttore, però, mostra una sensibilità molto limitata nella riga rossa dell’idrogeno ionizzato e non permette di catturare al meglio le regioni HII. La cosa è comunque risolvibile sottoponendo l’apparecchio a specifica modifica, ma l’operazione, secondo me, non è più conveniente giacché a prezzi più che accessibili si possano acquistare adesso astrocamere ColdMOS più performanti che qualunque DSLR di pari formato e dimensione sensore. Altrettanto per la fotografia dei pianeti ad alta risoluzione, le piccole e leggere astrocamere planetarie forniscono i risultati migliori ed esibiscono pure una maggiore praticità di utilizzo, grazie a software di acquisizione molto intuitivi.

Ricapitolando, una qualsiasi DSLR o mirrorless trova la migliore applicazione in astrofotografia a larghissimo e ampio campo ed è in questi ambiti che, senza alcuna modifica, esibisce le migliori prestazioni. L’unico punto ancora a favore per la reflex è la non dipendenza, ancora per poco, da un computer per il suo utilizzo che si avvale giusto di un economico telecomando per gli scatti a lunga esposizione.
Domanda fatta da: Rita, [email protected], 13/09/2018

E' ipotizzabile un'astronave con motore a propulsione atomica o elettromagnetica ?

risponde Antonio Lo Campo

Risponde il prof. Giancarlo Genta:

Esistono due tipi di propulsione nucleare: propulsione nucleare termica (NTP) e nucleare elettrica (NEP).

Nel primo caso, un reattore nucleare scalda un gas (ad esempio idrogeno) che si espande e produce un getto. Negli anni '60 e '70 sia i Russi che gli Americani hanno realizzato propulsori di questo tipo e li hanno anche provati al banco con pieno successo. Poi gli americani hanno tagliato il programma nel 1972 e i Russi con la caduta dell'Unione Sovietica. Ora si spera che gli studi riprendano.

Nel secondo caso, un reattore nucleare produce energia elettrica che alimenta un propulsore a plasma o a ioni. Qui il problema è di realizzare un reattore nucleare abbastanza leggero.

In ogni caso per poter esplorare il sistema solare, è indispensabile realizzare la propulsione nucleare di un tipo o dell'altro.

Aggiunge la redazione:

La propulsione elettromagnetica (EmDrive) era stata proposta qualche anno fa: si tratta di un sistema di propulsione che produce la spinta attraverso microonde che rimbalzano all’interno di una cavità chiusa a forma di cono, senza bisogno di carburante. Dopo avere passato alcuni test alla NASA, questo motore è stato 'bocciato' recentemente in laboratori tedeschi, mentre sembra che le ricerche proseguano in Cina.
Domanda fatta da: Andrea Rapposelli, [email protected], 14/10/2018

Buongiorno, lo scorso 12 Ottobre ho cercato di fotografare il passaggio della ISS nelle vicinanze di Marte. Proprio in virtù della distanza minima tra i due soggetti ho voluto provare a spingere un po' con il teleobiettivo della reflex (Pentax k5) usando un catadiottrico Samyang da 500 mm f 6,3 (che sul formato APS-C della macchina, con fattore 1,5, vale come un 750mm). Ho eseguito solo due scatti utili con posa da 3s a 800 ISO. Quella che invio è la combinazione delle due pose (sono ovviamente disponibili anche i due scatti singoli). Mi aspettavo di vedere la solita traccia continua della ISS, che ho sempre ripreso usando però teleobiettivi di gran lunga meno spinti e non catadiottrici. Qui si vede invece un tracciato strano, quasi ondulatorio, più marcato all'inizio delle riprese (a destra nella foto) che sembra andare via via 'normalizzandosi' nel procedere della ripresa stessa e del cammino della ISS. A cosa può essere dovuto questo genere di effetto? Nella foto è presente un'antenna tv di una casa di fronte fuori fuoco per la relativa vicinanza e può sicuramente essere presente una leggera sfocatura su Marte e ISS perché il tipo di teleobiettivo, interamente manuale, non si sposa benissimo con la rapidità di esecuzione, ma questo non dovrebbe certo incidere sulla traccia della ISS. Nel farvi i complimenti per la rivista di cui sono assiduo lettore, vi ringrazio per l'attenzione e vi porgo cordiali saluti. Ripresa effettuata il 12/10/2018 alle 19.17 da Carnago (VA).

risponde Giuseppe Donatiello

Salve Rapposelli. Preciso di non aver mai ripreso la ISS alla focale di 500mm, ma solo a larghissimo campo per lunghe strisciate oppure, al contrario, ad alta risoluzione per catturare malamente qualche dettaglio. Intanto colgo l'occasione per sfatare un luogo comune 'fotografico' che in astrofotografia ha poco senso: la focale di un teleobiettivo è solo quella di utilizzo e non è 'equivalente' ad un'altra in base al formato del sensore poiché a variare è giusto il campo di vista (FOV). In altre parole, a parità di focale dell'ottica, al variare delle dimesioni del sensore, cambiano le dimesioni angolari del campo inquadrato mentre le dimensioni dei pixel determinano la risoluzione dell'immagine, solitamente espressa in arcsec/pixel. La storia del fattore di amplificazione è nata ai tempi del passaggio tra pellicola 35mm e DSLR, quando alcuni fotografi si ritrovarono ad adattare le vecchie ottiche ai nuovi corpi macchina di pochi megapixel, riscontrando che l'immagine sembrava ingrandita ma solo per un effetto di ritaglio e non per ragioni di focale. Ma ai fotografi ordinari interessa molto poco il FOV angolare, quindi trovano più comodo esprimere la cosa con un fattore empirico. Noi astrofili preferiamo parlare di focali equivalenti quando interponiamo elementi ottici che variano la focale nativa di uno strumento. Chiarito questo aspetto, passiamo alla sua immagine.

La ripresa denuncia una certa imprecisione nella messa a fuoco, come aveva già autonomamente rilevato, e ha fatto bene a precisare che il moto della ISS sia verso sinistra, quindi in allontanemento. Ho visto e anche ottenuto in passato alcune immagini in cui la traccia della ISS appare un po' irregolare e ondulatoria in prossimità dello zenit, anche se non così vistosa come nella sua. La spiegazione più plausibile per giustificare tale traccia irregolare, chiama in causa l'effetto combinato del seeing e rifrazione atmosferica, enfatizzata proprio dalla focale spinta. L'orario delle riprese corrisponde all'imbrunire, quando ancora l'atmosfera risente del calore del suolo e si generano correnti convettive in alta quota con distorsione delle immagini anche di diversi secondi d'arco. Tale effetto si attenua con sorgenti più distanti dall'osservatore e più 'puntiformi'. Non credo ci siano altre alternative ma se qualche lettore avesse altre spiegazioni più soddisfacenti ce le illustri.

Grazie mille per i complimenti e continui a seguirci!
Domanda fatta da: rocco Liverano, [email protected], 10/10/2018

Mi sono abbonantyo oggi a nuovo orione ho ricevuto le credenziale per l'accesso, non trovo il link per scaricare il pdf. potreste aiutarmi,non didemi che non è possibile leggere la rivista of line

risponde Piero Stroppa

Purtroppo per lei è proprio così, la rivista non può essere scaricata, può essere solo letta on line. D'altra parte, se si potesse scaricare, basterebbe un abbonamento per accontentare tutti i lettori...
Domanda fatta da: Luca, [email protected], 28/09/2018

Salve vorrei cortesemente una spiegazione sulla precessione degli equinozi, la variazione dell eccentricita dell orbita terrestre e ddella precessione degli equinozi. Vi ringrazio e vi porgo i piu cordiali saluti.

risponde Walter Ferreri

Le dò la risposta con la seguente domanda. Un saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Luca, [email protected], 29/09/2018

Buongiorno! Riscrivo meglio la mia domanda! Vorrei sapere, cortesemente, cosa si intende per: 'Precessione degli uquinozi, Variazione dell'eccentricità dell'orbita-terrestre e Inclinazione dell'asse di rotazione.' Inoltre, vorrei anche una spiegazione su come, esse, hanno influenzato il clima di milioni di anni fa, causando le glaciazioni. Vi ringrazio per la vostra disponibilità! Cordiali saluti! Luca

risponde Walter Ferreri

Per precessione degli equinozi si intende l’importante fenomeno che causa uno spostamento degli equinozi verso il moto del Sole e, per questo, essi anticipano il loro ritorno. E’ causato dal fatto che l’asse di rotazione della Terra non è fisso, ma descrive un doppio cono a causa dell’attrazione del Sole e della Luna sul rigonfiamento terrestre e dell’obliquità dell’eclittica. Esso causa anche, nei millenni, la variazione della Stella Polare.

Per variazione dell’eccentricità dell’orbita terrestre si intende il fatto che questa cambia leggermente la sua forma come ellisse più o meno accentuata; cioè da quasi circolare diviene allungata, ma nel caso della Terra questa variazione è contenuta. Altrettando modesta è la variazione nell’inclinazione dell’asse. Come è noto l’asse di rotazione della Terra non è “dritto”, cioè perpendicolare all’orbita, ma inclinato di 23,5°. Ebbene, questa inclinazione varia, ma, oltre che lentamente, di poco.

Personalmente non sono convinto che le variazioni nell’eccentricità dell’orbita terrestre e nell’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra (cicli di Milanković) siano state la causa delle glaciazioni a livello globale, anche se abbiano senza dubbio potuto modularle. Queste variazioni sono abbastanza modeste e, oltretutto, anche se fossero più estreme, porterebbero a delle glaciazioni localizzate, bilanciate dal riscaldamento maggiore in altre regioni. Cioè, nel caso ipotetico di un’inclinazione estrema dell’asse di rotazione della Terra (in pratica non possibile per l’effetto stabilizzatrice della Luna) si potrebbe avere un Sahara ghiacciato ma un’Antartide dal clima tropicale.

Come causa delle glaciazioni mi convincono molto di più le eruzioni vulcaniche e la caduta di asteroidi (o intensa pioggia di grossi meteoriti), che, proiettando gas e polveri nell’atmosfera, impediscono che gran parte della radiazione solare giunga al suolo, che così si raffredda. Un’altra causa convincente è la variazione dell’emissione solare, come insegna il minimo di Maunder, che, a causa di una minore attività del Sole, provocò una mini era glaciale dal 1645 al 1715, quasi in coincidenza (ironia della sorte!) con il regno del Re Sole (Luigi XIV di Francia).

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Enrico Marri, [email protected], 04/10/2018

Ho letto che Procione è così chiamata perché 'precede' il sorgere del Cane (Sirio). Eppure la sua A.R. è maggiore di quella di Sirio. Capisco che ciò possa accadere per la sua latitudine ben maggiore di quella di Sirio, ma non mi spiego perché ciò accada anche in occasione degli equinozi quando il circolo di illuminazione all'equatore passa per i poli Nord e Sud . Potete fornirmi una risposta? Grazie. Enrico Marri.

risponde Walter Ferreri

Come ha correttamente scritto, Procione precede Sirio nel sorgere perché è a oltre 20° a nord di quest’ultima. Ovviamente questo vale per l’emisfero boreale (a nord del tropico del Cancro).

Agli equinozi effettivamente il circolo di illuminazione passa per i poli, illuminando tangenzialmente entrambi, in quanto il Sole, in tali circostanze si trova sull’equatore celeste. Ma questi eventi, cioè gli equinozi, sono in relazione alla posizione del Sole e non hanno alcun collegamento con le due stelle in questione, che mantengono imperturbate le loro posizioni. L’unica cosa che cambia sono i tempi del sorgere e del tramontare di queste due stelle, in quanto noi misuriamo il tempo in base al Sole. Quindi, quando si ha l’equinozio d’autunno (Sole con A.R. di 12h), queste due stelle sorgeranno circa 19 ore dopo. Quando c’è l’equinozio di primavera (Sole con A.R. di 0h), esse sorgeranno circa 7 ore dopo. Ma, pur variando l’orario, Procione continuerà a sorgere prima di Sirio, soprattutto per le regioni più boreali. Sirio potrebbe sorgere prima solo se si spostasse di un buon numero di gradi verso nord o verso ovest o Procione verso sud o verso est. Ma, come sappiamo, i moti propri delle stelle, a causa della distanza, appaiono lentissimi e sono quasi tutti inferiori a 1° in mille anni.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri
Domanda fatta da: Luciano Ravasio, [email protected], 19/09/2018

Guardo spesso con il mio C8 le stelle colorate, le cui tenui differenze di colore spesso mi confondono. Vi chiedo: quale è l'ingrandimento più adatto per questo tipo di osservazione? Inoltre, l'osservazione da sito suburbano (con stelle visibili ad occhio nudo fino a m 3) richiede particolari accorgimenti? Grazie. Saluti

risponde Walter Ferreri

Premettiamo subito che l’ingrandimento non altera molto la percezione del colore di una stella, cioè influisce poco sotto questo aspetto.

Quello ottimale dipende dalla limpidezza del cielo e dalla luminosità della stella; uno “salomonico” è quello all’incirca equivalente al diametro dell’obiettivo espresso in millimetri. Ovvero, sotto un cielo inquinato l’ingrandimento dev’essere maggiore rispetto ad uno cristallino. Occorre poi considerare che un ingrandimento elevato, dilatando la luce stellare, tende in linea di massima ad accentuarla, con tutti i pro e i contro, compresa la percezione della tonalità. Questo, beninteso, entro certi limiti che in gran parte dipendono dalla luminosità della stella. E’ chiaro che nel caso di un astro debole un forte ingrandimento tende a rendere la percezione della tonalità più problematica. Nel suo caso, considerando che osserva da un sito sub-urbano con magnitudine limite visuale di +3, e che utilizza un diametro di 20 cm, per stelle luminose è quello fra 150 e 200x.

L’osservazione da siti suburbani non pone problemi per gli astri luminosi, mentre per quelli deboli ed estesi (nebulose e galassie) consiglia l’uso di un filtro nebulare, più o meno specifico ed a banda stretta se si osservano delle nebulose ad emissione. Per le stelle in generale e per le galassie va bene uno a banda larga. Questi filtri essenzialmente scuriscono il fondo cielo eliminando in gran parte la luce proveniente dall’illuminazione pubblica mentre lasciano passare totalmente o quasi quella proveniente dagli astri che interessano.

Sempre consigliabile l’uso di un buon paraluce.

Un cordiale saluto, Walter Ferreri

Le vostre domande

Il Cielo del Giorno