Le vostre domande

• Domanda fatta da: Galliano Augusto, [email protected], 01/04/2019

  
  

  Salve. In queste ultime settimane osservando il Sole al telescopio che sempre più frequentemente appaiono macchie solari. In particolare il tempo tra la comparsa di gruppi di macchie si è ridotto di 3 o 4 volte e compaiono macchie sempre più strutturate. Sto assistendo alla nascita di un nuovo ciclo solare? PS Come sono i cicli solari delle altre stelle? Potete fare alcuni esempi?

  risponde Walter Ferreri

   

  In quest’anno si ha il passaggio dal 24° al 25° ciclo solare. Ultimamente, cioè in questi ultimi mesi, il Sole è apparso molto tranquillo; questo è uno dei minimi con meno macchie. Nei primi mesi del 2019 di macchie solari ne sono apparse poche e quelle poche erano pure piccole! Tale assenza di macchie, indice di scarsa attività, ha portato ad ipotizzare per i prossimi decenni al possibile arrivo di un nuovo minimo di Maunder, come era avvenuto nel XVII secolo. Dal 21° ciclo (Anni 80) si è assistito ad un’attività solare via via minore. Così il 22° ciclo è stato meno rilevante del 21°; il 23° meno del 22°; il 24° meno del 23°. Il 25° sarà inferiore al 24°? Staremo a vedere.

   

  Per le altre stelle non abbiamo statistiche di cicli analoghi a quelli solari; le osservazioni attuali (oltre agli studi teorici) consentono di sapere che vi sono macchie nelle altre stelle, anche molto più grandi di quelle che compaiono sul Sole, ma non di seguirne l’evoluzione come per il Sole. E’ estremamente difficile rilevare sulla superficie delle altre stelle macchie come quelle solari; di norma quelle che si riescono a scoprire sono molto più grandi. Per questo motivo, se nelle altre stelle vi sono cicli come quelli solari, noi attualmente non siamo in grado di seguirli. Ne consegue che, e ci dispiace, non siamo in grado di farle degli esempi di cicli di macchie seguiti in altre stelle.

   

                                                                                      Un cordiale saluto,  Walter Ferreri

   

   

   

                                                                                                                    

   

• Domanda fatta da: Flavio, [email protected], 28/03/2019

  
  

  Buonasera, Vorrei comperare un binocolo da utilizzare a scopo astronomico ma non solo. Sono indeciso tra il 10x50 e il 10-22x50 (zoom) entrambi della Nikon. Le differenza sostanziali tra i due, a parte il prezzo sono: Campo visivo a 1000 metri di 114m ( 59,2 gradi) per il primo e 66m (36,7 gradi) per il secondo. Peso di 900gr contro 960gr. Pupilla d'uscita variabile da 5 a 2,27 per il secondo. Obbligo del cavalletto per ingrandimenti maggiori di 10. Visto che sono della Nikon la qualità delle lenti e della meccanica dovrebbe essere più che buona per entrambi, credo! Pensavo anche ad un 12x50 alternativo al 10x50 ma forse non ne vale la pena. Grazie moltissimo per i suggerimenti. Flavio

  risponde Walter Ferreri

   

  Se lei ci avesse scritto che il binocolo pensa di utilizzato solo per astronomia la risposta sarebbe stata semplice: il 10x50. Però, aggiungendo “ma non solo” le cose si complicano perché è indubbio che, avendo a disposizione un treppiedi,  arrivare a 22x può essere molto comodo per la visione di panorami terrestri, anche se in questo caso il diametro della pupilla d’uscita è molto ridotto. Ma nella visione diurna la nostra pupilla è ristretta a 2- 2,5 mm, quindi, di giorno, non si perde in luminosità.

   

  A parità di altre condizioni un binocolo a ingrandimento fisso offre un maggior campo di veduta non solo apparente ma anche reale. Negli zoom, invece, il campo apparente è ridotto all’ingrandimento minimo. Inoltre – sempre a parità di altre condizioni – con un oculare non zoom si ha una migliore correzione delle varie aberrazioni, soprattutto ai bordi e una (molto leggera) maggior luminosità. Occorre però anche doverosamente aggiungere che in questi ultimi anni gli oculari zoom hanno raggiunto prestazioni di tutto rispetto e che nei casi di marche blasonate, come la Nikon, le prestazioni sono di tutto rispetto. Per un osservatore occasionale o non esperto l’unica differenza percepibile è il minor campo apparente all’ingrandimento minimo.

   

  In definitiva il consiglio che ci sentiamo di darle è il seguente: se non ha altri binocoli o cannocchiali terrestri prenda lo zoom, che astronomicamente non va male e che è più malleabile per un uso universale; nella visione terrestre è in grado di darle molte soddisfazioni. In questo caso il 12x50 non è un’alternativa da considerare.

   

                                                                                  Un cordiale saluto,  Walter  Ferreri   

   

• Domanda fatta da: Roberta Taricani, [email protected], 02/04/2019

  
  

  Guardando l'immagine di un pianeta extrasolare si è accesa una domanda sulla materia oscura che ci dovrebbe essere ma non si vede e se ci fosse potrebbe trovarsi anche appena aldilà della nostra carissima e preziosissima atmosfera!Più che una domanda è una curiosità e una riflessione di conseguenza...normalmente nelle scienze si hanno delle idee che poi si concretizzano comprovandole... nel caso della 'Dark Matter' succede il contrario come per i buchi neri bisogna lavorarci al contrario.GRAZIE!

  risponde Walter Ferreri

   

  Sì, spesso nel caso delle scienze si hanno delle idee che poi si concretizzano comprovandole grazie alla sperimentazione o osservazione.

   

  Comunque, la sua riflessione sulla materia oscura è certamente condivisibile.

   

  Per quanto (poco) ne sappiamo la materia oscura non può essere fatta di particelle ordinarie, cioè quelle che costituiscono gli atomi come protoni, neutroni ed elettroni. Inoltre, essa non può essere composta di particelle cariche elettricamente, come dimostra il fatto che essa interagisce molto poco con la materia ordinaria; praticamente finora è stata osservata solo la forza di gravità che essa esercita.

   

  Se essa dovesse essere soggetta ad un fenomeno di disintegrazione, questo dovrebbe aver luogo ad un ritmo molto lento, ovvero la materia oscura deve essere molto stabile; dall’epoca della nucleosintesi primordiale ad oggi essa non dovrebbe essere variata in percentuale notevole. Questo si traduce nel fatto che la vita di una particella che la compone deve essere molto lunga, perlomeno quanto il tempo trascorso dalla nascita dell’universo. Un’altra sua caratteristica è che essa non sembra interagire nemmeno con se stessa, ovvero essa non solo è invisibile per noi ma anche per se stessa!

   

  Le considerazioni teoriche sviluppate sulla sua esistenza si spingono ad affermare che essa deve essere “fredda”, cioè all’origine del processo di raggruppamento la velocità delle sue particelle non poteva essere troppo prossima alla velocità della luce.

   

                                                                                 Un cordiale  saluto,  Walter  Ferreri   

   

• Domanda fatta da: Bartoccini Antonio, [email protected], 19/03/2019

  
  

  Acqua Vitale: Da oltre cinquanta anni sono appassionato di astronomia e fu nel 1969 che formulai una mia teoria riguardante l'acqua nel nostro sistema solare, qui esposta attraverso dei miei disegni i quali, possono sembrare un insieme di comete, in realtà sono volti a rappresentare (più o meno) la primordiale composizione del nostro sistema solare con i suoi pianeti ed alcuni loro satelliti: i pianeti nel tempo, sia per peso gravitazionale che, maggiormente, per degassificazione ed evaporizzazione avvenuta dalla geotermia degli stessi, persero tutta la loro acqua accumulatsi in superficie. Di conseguenza il vapore acqueo, l'energia incanalata dei pianeti e il forte vento solare furono sospinti nello spazio sino a raggiungere la fascia di Kuiper e la nube di Oort. Tutto ciò ad accezione del nostro pianeta Terra, che è riuscito a conservare la sua acqua. Detto ciò, posso dedurre che il ghiaccio presente su alcune comete sia la stessa acqua che, evaporando, raggiunse la suddetta fascia di Kuiper e la nube di Oort, da cui si dice abbiano origine le comete. Distinti Saluti, Bartoccini Antonio.

  risponde Walter Ferreri
  

   

  La ringraziamo per averci esposto la sua teoria che in linea di massima appare sostenibile. Naturalmente, come tutte le teorie, per ricevere credibilità deve essere in accordo con quanto viene osservato.

   

  Attualmente molti scienziati ritengono che l’acqua presente sulla Terra sia in parte di origine locale e in parte proveniente da comete e asteroidi, anche se quella presente nelle comete abbia mostrato un rapporto deuterio/idrogeno normale diverso (deuterio - che nel nucleo, oltre ad un  protone, contiene anche un  neutrone - circa due volte più numeroso nelle comete finora esaminate), cioè circa 30 atomi di questo isotopo ogni 100 mila atomi di idrogeno. Nell’acqua presente nei nostri oceani, invece, vi sono circa 15 atomi di deuterio (idrogeno pesante) ogni 100 mila atomi di idrogeno comune.

   

   

   

                                                                                      Un cordiale saluto,   Walter  Ferreri   

   

• Domanda fatta da: Lucia Fascetti, [email protected], 17/03/2019

  
  

  Dato che quest'anno l'equinozio di primavera sarà il 20 marzo alle 22.58 e il plenilunio sarà il 21 marzo alle 2.43, perchè Pasqua non è Domenica 24 marzo?

  risponde Piero Stroppa

  Il motivo di questo errore apparente è che il calcolo ecclesiastico delle lunazioni è basato su tabelle semplificate che non tengono conto di tutte le complessità del moto lunare, quindi le fasi lunari ecclesiastiche possono differire rispetto a quelle reali.

  Inoltre, l’equinozio primaverile è fissato convenzionalmente al 21 marzo, mentre in realtà oscilla intorno a questa data per l’effetto degli anni bisestili che correggono solo ogni 4 anni la lunghezza frazionaria dell’anno solare.

  In totale, secondo il computo ecclesiastico, la luna piena di marzo si verifica prima dell'equinozio, e quindi per celebrare la Pasqua si deve attendere la prossima luna piena di primavera che si verificherà in aprile. Pertanto la Pasqua 2019 è stata proclamata per il 21 aprile.

  L'argomento è stato affrontato anche da una news di Media-INAF che può leggere all'indirizzo https://www.media.inaf.it/2019/03/19/pasqua-equinozio-luna-piena/

   

   

• Domanda fatta da: BRUNO COLUCCINO, [email protected], 11/03/2019

  
  

  buonaserA COME POSSO VEDERE SUL SITO IL CIELO DEL GIORNO? GRAZIE

  risponde Piero Stroppa

  Dal menu principale del sito www.astronomianews.it bisogna scegliere la voce 'Servizi al lettore'.

  Dal menu a tendina che si apre, scegliere 'Cielo del giorno'.

  Se non si vsualizza la mappa, occorre seguire il consiglio che appare di installare Flash Player.

  Visualizzata la mappa, può essee ingrandita con la funzione ZOOM disponibile in alto a sinistra.

  A sinistra viene indicata anche la data corrente di cui è visualizzato il cielo, ma cliccando sull'icona del calendarietto che appare subito a fianco della data, si può modificare il giorno di visualizzazione. 

  Sotto la mappa sono riportate le istruzioni per cercare gli oggetti del catalogo Messier e visualizzarne le schede informative.

• Domanda fatta da: Roberta Taricani, [email protected], 25/02/2019

  
  

  in riferimento ad una risposta su cosa sono i buchi neri mi viene da pensare a tutta la materia e quanto più se ne può vengano catturati e 'immagazzinati'!C'è forse una teoria(dato che la nostra fisica non ci arriva ancora)che sostiene si possa trattare,mi riferisco al magazzino del buco nero,di un ricominciare da zero ossia di un o tanti nuovi big bang in corrispondenza di ogni buco nero considerando l'energia messa in gioco?Spero questa volta di essere stata meno vaga e più concerne la causa comune.Grazieeee!

  risponde Walter Ferreri

   

  La sua formulazione è tutt’altro che vaga: è assolutamente ben circonstanziata.

   

  Come abbiamo già avuto modo di scrivere, in mancanza di dati oggettivi è possibile proporre anche le ipotesi più pittoresche. Così, nella prima metà del XIX secolo, era ancora sostenibile l’idea che nell’emisfero invisibile della Luna potesse esistere una concavità e che in tale concavità esserci un residuo di atmosfera che avrebbe permesso la vita!

   

  Noi, oggi, con i buchi neri, siamo un po’ nelle stesse condizioni, anche se la maggior parte degli studiosi dà più credito a quanto ricavato dal grande fisico inglese Stephen Hawking. Secondo le vedute di questo studioso, recentemente scomparso, la materia che cade in un buco nero perderebbe ogni “ricordo” di quanto costituiva in precedenza e non darebbe origine a “nuovi universi”.

   

  I buchi neri comunque sarebbero, per quanto ne sappiamo, gli astri più longevi dell’universo; essi sarebbero i soli a  sopravvivere alla cosiddetta “era degenerativa”, in quanto non sarebbero affetti dal decadimento dei protoni. Ma, pur essendo inconcepibilmente longevi, neppure i buchi neri durerebbero per sempre. Dopo un tempo per noi inimmaginabile essi dovrebbero evaporare attraverso un processo quantico-meccanico molto lento noto come radiazione di Hawking. Inoltre, a dispetto del loro nome, i buchi neri non sono completamente neri. La loro superficie emette uno spettro termico di fotoni e altre particelle elementari. Il tasso di emissione dipende dalla curvatura della superficie e quindi dalle sue dimensioni e massa. L’emissione è estremamente piccola per un buco nero di massa stellare. Ma come esso evapora si restringe e il processo accelera, per terminare in un lampo di raggi gamma. E’ stato calcolato che un buco nero con la massa del Sole abbia una temperatura di solo 10^-7 Kelvin e che duri per … 10⁶⁵ anni! Uno con la massa di una grossa galassia avrebbe una temperatura di 10^-18 Kelvin e dovrebbe evaporare in 10⁹⁸ o 10¹⁰⁰ anni. Questi sono numeri facili da scrivere, ma la durata del tempo che indicano va al di là della nostra capacità di immaginazione.  

   

                                                                                       Un cordiale saluto,   Walter Ferreri

   

   

   

                                                                                                                    

   

• Domanda fatta da: Cuman Carlo, [email protected], 07/03/2019

  
  

  Buongiorno,sulla mia Canon Da ho montato il clip Idas LPS-P2,adesso il comune ha messo tutte lampade a LED,vale la pena acquistare il clip LPS-D2 dedicato ? Complimenti super,vi seguo dal primo numero ! Cuman Carlo Lonigo (VI)

  risponde Giuseppe Donatiello

  Caro Cuman,

  i lampioni a LED stanno gradualmente sostituendo quelli ai vapori di sodio e mercurio che emettono su precise lunghezze d'onda, facilmente abbattibili con i filtri LPR. Più volte abbiamo ribadito che, in presenza di fortissimo inquinamento, anche tali filtri soffrono per via di una certa componente continua, presente nello spettro visibile, riconducibile a varie sorgenti. Con i lampioni e fari a LED, purtroppo, questa componente continua non solo è presente, ma s'intensifica oltremisura intorno ai 460nm (regione blu) perciò anche i recenti filtri LPS-D2 devono abbattere un'ulteriore finestra intorno a questo picco di emissione, ma nulla possono per l'emissione continua che coinvolge, sebbene debolmente, anche le finestre intorno alle righe di riferimento astronomiche (H-beta, OIII, H-alfa). 

  Varie prove e confronti, hanno dimostato l'efficacia dei filtri LPS-D2 per questo nuovo inquinamento luminoso 'arricchito' dai LED, acclamati da certi ambientalisti come soluzione ecologica solo per via dei minori consumi elettrici, ma che rappresentano invece un vero disastro ambientale in fatto di conservazione del cielo e dell'habitat notturno per la flora e la fauna. In altre parole, anche per il filtro Idas LPS-D2 valgono le medesime considerazioni fatte per i filtri tipo LPS-P2: se i lampioni sono tanti, il problema sarà soltanto attenuato e reso giusto tollerabile ma non compiutamente risolto. In ogni caso, se nel suo Comune tutti i lampioni sono attualmente a LED, tale filtro non è soltanto utile, ma addirittura indispensabile per continuare a fare qualcosa dal suo sito urbano o suburbano.

  Grazie per i suoi complimenti e la fedeltà a Nuovo Orione. Cilei sereni e bui! 

• Domanda fatta da: Salvatore Pellegrino, [email protected], 13/02/2019

  
  

  Salve, sono il docente fisico Salvatore Pellegrino e vorrei porvi questo quesito riferendomi a due articoli sulla rivista NUOVO ORIONE datati marzo 2018 e febbraio 2019 riguardanti l'individuazione del buco nero super massiccio presente al centro delle galassie attraverso la radiazione da esso emessa e dovuta all'interazione con la nube di gas e polvere che lo circonda. Questa radiazione è trasparente rispetto a tale nube sia ai raggi X (rilevati da CHANTA) che a quella infrarossa (rilevata da WIISE)? Desidererei avere dettagli in proposito anche relativamente ad altre lunghezze d'onda come quella ottica. Cordiali saluti.

  risponde Walter Ferreri

   

  Come è noto, le nubi che circondano i buchi neri super massicci sono costituite da gas e polveri. Ma ora sappiamo che il materiale che circonda i nuclei di queste galassie è molto più dinamico e complesso rispetto a quanto si riteneva solo alcuni anni fa. In ogni caso questo materiale blocca la radiazione visibile, ma è trasparente sia ai raggi X che all’infrarosso. Le altre lunghezze d’onda alle quali è possibile studiare questi fenomeni sono quelle a minore frequenza, ovvero tali nubi sono trasparenti anche alle lunghezze d’onda radio. Gli studi recenti mettono in evidenza che le nubi sono piuttosto compatte e sono connesse con il resto del materiale della galassia con flussi tramite i quali la materia fluisce verso il buco nero. In quest’ambito un contributo fondamentale è stato portato dal telescopio ALMA, che opera nelle lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche. ALMA ha anche dimostrato che oltre alla rotazione dapprima circolare e quindi spiraleggiante del disco di accrescimento sono presenti moti di altro tipo. Una maggiore conoscenza in proposito verrà dalla nuova generazione di strumenti a raggi X e a infrarossi. In particolare ci si aspetta di poter giungere a definire meglio la struttura e le proprietà fisiche del materiale che alimenta i dischi di accrescimento.

   

  Per informazioni dettagliate e squisitamente professionali le consigliamo di consultare  riviste come Nature, Astrophysical Journal e Astronomy and Astrophysics che sull’argomento pubblicano studi di punta da parte dei principali astrofisici e cosmologi a livello internazionale.

   

                                                                                      Un cordiale saluto,    Walter  Ferreri   

   

• Domanda fatta da: Gianluca Vannozzi, [email protected], 26/02/2019

  
  

  Buongiorno, vorrei sapere che magnitudine avrebbero i pianeti del sistema solare per un ipotetico osservatore marziano. Considerando la distanza media dal sole perchè a causa dell'eccentricità dell'orbita del pianeta rosso, credo che i dati varierebbero sensibilmente... Grazie.

  risponde Walter Ferreri

   

  Sì, in effetti l’orbita marziana è piuttosto eccentrica, a differenza di quella terrestre. Quella di Marte vale 0,093; quella della Terra 0,017. Questo significa che Marte al suo perielio può avvicinarsi al Sole fino a 207 milioni di km e allontanarsene all’afelio fino a 249. Quindi, per i pianeti più vicini, i valori variano percettibilmente considerando Marte al perielio o all’afelio. Ovviamente, visti da Marte, i nostri pianeti interni, Mercurio e Venere sono meno luminosi, mentre lo sono di più, ma di poco, quelli esterni. Il motivo è facilmente comprensibile; mentre per Mercurio e – soprattutto – per Venere rispetto a noi la distanza percentualmente cambia parecchio, lo stesso non avviene per i pianeti più lontani, per i quali la differenza percentuale è piccola; già ad iniziare da Urano la differenza è inferiore a un decimo di magnitudine.

   

  Ed ecco i valori richiesti per una distanza media di Marte dal Sole.

   

  Mercurio:  - 0,8

   

  Venere:     - 3,2

   

  Terra:        - 2,6

   

  Giove:       - 2,8

   

  Saturno:    - 0,6

   

  Urano:      + 5,6

   

  Nettuno:   + 7,6

   

  Come si può notare dal valore della magnitudine, da Marte la Terra è un astro magnifico visto sia prima del sorgere del Sole che dopo il suo tramonto. Tra l’altro, nelle massime elongazioni, quando Marte è al perielio, la Terra arriva a discostarsi dal Sole quanto Venere per noi, ovvero intorno ai 47°.

   

                                                                                         Un cordiale saluto,  Walter  Ferreri